Opinioni - La depenalizzazione dell'abuso d'ufficio continua a far discutere. Nicosia replica alle obiezioni: " La riforma Nordio non è la causa principale del problema, ma piuttosto una conseguenza di decisioni politiche precedenti che hanno eliminato un’importante rete di sicurezza"
di Dario Nicosia
È fondamentale ricordare, in qualsiasi dibattito sulle riforme legislative, che il principio costituzionale di base è chiaro: le leggi le scrive il Parlamento, non la magistratura. Questo principio guida il funzionamento della nostra democrazia e definisce i ruoli delle diverse istituzioni all'interno dello Stato. Partire da questo concetto è essenziale per mantenere la discussione ancorata al rispetto delle competenze istituzionali e alla sovranità popolare, che si esprime attraverso i rappresentanti eletti.
Con questo in mente, vorrei rispondere all'articolo che ha citato autori come Evelyn B. Hall, Benedetto Croce e Giovanni Reale. Pur riconoscendo il valore intellettuale di queste citazioni, credo sia importante non perdere di vista il cuore del dibattito: le implicazioni pratiche e concrete che la riforma Nordio avrà sui cittadini. La citazione della Hall su "Non sono d'accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire" è certamente un principio fondamentale della libertà di espressione, ma la discussione dovrebbe concentrarsi sulle reali conseguenze della riforma, piuttosto che su un esercizio di erudizione.
Nel mio precedente articolo, avevo già affrontato il tema dei controlli preventivi, sottolineando come la loro assenza abbia contribuito a sovraccaricare il sistema giudiziario. In risposta alla questione del passaggio dalla giurisdizione penale a quella civile, avevo evidenziato l'importanza di questi controlli come una rete di sicurezza che, se reintrodotta, potrebbe prevenire molti dei problemi oggi in discussione.
Uno dei punti cruciali sollevati riguarda la depenalizzazione dell'abuso d'ufficio con l'abrogazione dell'art. 323 c.p. Nell'articolo di risposta si afferma: "Eliminare la giurisdizione penale in favore di quella civile ed amministrativa significa che d’ora in poi potrà difendersi solo chi ha i soldi per pagarsi questo tipo di giudizi e non il cittadino comune e meno abbiente." È una preoccupazione comprensibile, ma dobbiamo chiarire che i reati penali restano comunque pienamente perseguibili nel nostro sistema. Reati gravi come corruzione, peculato, concussione e traffico di influenze illecite sono ancora puniti severamente.
L'abrogazione dell'art. 323 non rappresenta una depenalizzazione totale, ma piuttosto un tentativo di evitare interpretazioni troppo estese che spesso hanno ingolfato la magistratura con casi che si concludevano in nulla di fatto. Dati e statistiche precedenti alla riforma mostrano infatti che molti procedimenti per abuso d'ufficio terminavano con l'archiviazione o con l'assoluzione, sovraccaricando inutilmente il sistema giudiziario.
Tuttavia, ritengo che il dibattito non debba fermarsi qui. La questione principale affonda le sue radici in una scelta politica passata: l'abrogazione dell'art. 130 della Costituzione e la conseguente eliminazione dei CO.RE.CO., organi di controllo preventivo regionale. Questo processo, avviato con la riforma Bassanini e culminato con la revisione del Titolo V della Costituzione, ha di fatto eliminato un'importante rete di sicurezza. Già nel 2002, durante una seduta del Senato nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli effetti delle revisioni del Titolo V della parte II della Costituzione, i rappresentanti dei CO.RE.CO. espressero forti preoccupazioni sul fatto che questa decisione avrebbe inevitabilmente creato un vuoto, portando a un ingolfamento delle attività giudiziarie.
E così è stato. Senza questi controlli preventivi, molte questioni che potevano essere risolte a monte sono finite in tribunale, contribuendo a quel sovraccarico che oggi critichiamo. La riforma Nordio, quindi, non è la causa principale del problema, ma piuttosto una conseguenza di decisioni politiche precedenti che hanno eliminato un’importante rete di sicurezza.
È stata menzionata la relazione di M. Teresa D’Urso, che evidenzia alcune criticità simili. Anche se la sua analisi è autorevole, non affronta direttamente il problema dei controlli preventivi, forse perché non era il focus del suo intervento. Tuttavia, le sue osservazioni non contraddicono l'idea che lo smantellamento di questi controlli abbia avuto un impatto negativo sulla tutela dei cittadini.
In conclusione, credo sia essenziale che il dibattito politico si concentri sul ripristino dei controlli preventivi, piuttosto che limitarsi alla riforma Nordio. Il vero problema risiede nel vuoto creato da quelle "sciagurate" scelte politiche, riconducibili ai governi Prodi, D'Alema ed Amato, che portarono alla cessazione dei controlli preventivi sulle pubbliche amministrazioni attraverso la riforma Bassanini e la revisione del Titolo V della Costituzione, con l'abrogazione dell'art. 130. Se davvero si vouole proteggere i cittadini e migliorare l’efficienza amministrativa, andrebbe considerata dalla politica la possibilità di reintrodurre meccanismi di controllo preventivo efficaci.
Non sono un giurista, ma ho la presunzione di definirmi un lettore attento e riflessivo. Non pretendo di avere tutte le risposte, ma credo sia fondamentale esaminare questi temi con una mente aperta e una prospettiva critica, tenendo ben presente, come in premessa, il principio costituzionale secondo il quale le leggi le scrive il Parlamento e non la magistratura.
Articolo precedente
I solisti dell'orchestra da Camera di Frosinone all'Ecoroyal MuseumArticolo successivo
Cervaro, uomo precipita dal tetto: elitrasportato