Se anche nella più grande democrazia la politica cede il passo a volgari attacchi

Opinioni - Le elezioni negli Usa e quello show continuo nel quale i contenuti sono relegati ai margini. Ecco perché vincono sempre quelli che sanno soffiare sui problemi e sanno interpretare meglio le emozioni degli elettori, utilizzati come spettatori di promozioni commerciali perché la la politica ha rinunciato al proprio ruolo di guida

Se anche nella più grande democrazia la politica cede il passo a volgari attacchi
di autore Lello Valente - Pubblicato: 05-11-2024 17:45 - Tempo di lettura 2 minuti

Dalla più grande democrazia apprendiamo che anche in quel Paese la politica ha lasciato spazio a volgari attacchi personali, ad uno show continuo nel quale i contenuti sono relegati ai margini. E non serviva l’America per avere la consapevolezza che  la vera malata è la democrazia in tutto il mondo incapace di affrontare le nuove tecnologie di comunicazioni con i contenuti, spingendo sempre di più sulla comunicazione e sempre di meno sui contenuti. 

Così l’elettore si abitua alle sensazioni ed alle emozioni e perde la capacità di approfondire e di ragionare sui contenuti. Vincono sempre quelli che sanno soffiare sui problemi che sanno interpretare meglio le emozioni degli elettori che vengono utilizzati come spettatori di promozioni commerciali. Nelle democrazie la politica ha rinunciato al proprio ruolo di guida, ci sono gli interessi dell’alta finanza che condizionano le scelte a livello globale, gli interessi delle multinazionali che spingono la politica in un ruolo marginale, le stesse aziende che producono armi spingono, per i loro interessi, a fare più guerre possibili, ogni proiettile che si spara è un guadagno.

E così che la politica ha lasciato il posto ai tecnicismi, alle agenzie di rating, che non possono vedere le persone che dormono sotto i ponti, guardano solo i freddi numeri ma tutto ciò che vi è dietro dovrebbe interessare la politica. L’Europa rappresenta la massima espressione di una politica relegata in sub ordine ad una serie di Regolamenti che si è data senza accorgersi che l’intero Continente sta scivolando verso la ribellione. I voti che in alcuni Paese prende la destra estrema sono gli stessi che prende la sinistra estrema, a conferma che l’esasperazione ha raggiunto limiti inaccettabili e la politica fa finta di non vedere e di non capire.

L’immigrazione è figlia dell’illusione che in Europa ci sia un futuro diverso, è figlia degli squilibri generati dalla mancanza della politica, è figlia di quella sfrenata ricerca del profitto che genera dei ricchi sempre più ricchi ed una massa di poveri sempre più poveri.

Si esplora la Luna, si esplora Marte, si costruiscono armi sempre più precise e letali ma nel mondo c’è ancora la fame, dove bambini non hanno acqua per bere e cibo per nutrirsi.
Nell’opulenta Europa le famiglie non procreano più, l’egoismo e la paura del futuro condiziona le scelte , il futuro sembra sempre più incerto.

Aleksandr Gelʹevič Dugin, noto filosofo Russo, che  ha il grave peccato  di essere un fedelissimo del Presidente Putin,  ha fatto un quadro dell’Occidente non del tutto sbagliato soprattutto quando parlava dei valori che mancano ai nostri giovani pronti ad uccidere per un parcheggio ma non per la Patria. Dagli Usa è partita la crociata per la libertà del popolo arabo senza chiedersi se a questi popoli andavano bene i criteri occidentali di vita, e così che dopo l’Iraq, dopo la Libia e dopo l’Afganistan siamo molto peggio di prima. 

Si sente forte la necessità di un apolitica che sia portatore di valori  universali, di valori che rappresentano l’anima di ogni popolo, valori fondanti di una democrazia, così come avvenne in Italia nell’Assemblea costituente dove si posero le basi per una democrazia compiuta. L’occidente necessita di una Assemblea costituente, non basta più la carta dell’ONU  troppo datata, una nuova organizzazione mondiale dove al centro devono esserci le esigenze più elementari dell’Uomo, dove il capitalismo deve ritornare ad un capitalismo solidale, dove la finanza non può avere lo spazio che ha oggi, dove la globalizzazione deve trovare corrispondenza anche nella globalizzazione di alcuni valori universalmente condivisi, altrimenti abbiamo chi produce nella povertà e chi consuma nella ricchezza.
 





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