"La Sanità è un bene comune, No alla partigianeria"

Opinioni - Le nuove assunzioni e lo scontro a distanza tra il sindaco di Cassino, Enzo Salera e la consigliera regionale di FdI Alessia Savo. L'analisi di Riccardo Pignatelli

"La Sanità è un bene comune, No alla partigianeria"
di Redazione - Pubblicato: 28-11-2023 15:40 - Tempo di lettura 3 minuti

E’ di questi giorni il confronto,   apparso sui mezzi di informazione,  tra il primo cittadino  di Cassino, dott. Enzo Salera e  la presidente della Commissione sanità della Regione Lazio, on.le Alesssia Savo, sulla spinosa questione della ripartizione dei 639 medici nuovi assunti, destinati alle strutture ospedaliere  dell’area metropolitana e delle quattro rimanenti province  di Viterbo, Rieti, Latina e Frosinone.

Oltre la metà sono stati dirottati a Roma, più di cento a Rieti ed i rimanenti assegnati tra Viterbo, Latina e Frosinone.

Per la verità all’ASL di Frosinone ne sono toccati 14.

Salera, come Sindaco della seconda città  più importante del capoluogo e capo della Consulta dei sindaci del basso Lazio ha immediatamente esternato le sue perplessità su tale ripartizione che, a suo avviso, non coglie e non risolve le criticità del sistema sanitario territoriale.

Ha ribadito che  il bacino d’utenza della parte sud della provincia è servito  in larghissima parte dall’Ospedale S.Scolastica di Cassino, che attualmente presenta una forte carenza tra medici e paramedici, ed a ha chiesto un tavolo delle varie parti politiche ed istituzionali  per discutere delle soluzioni da prendere.

A chiarire i termini della questione è prontamente intervenuta la Presidente della Commissione Sanità, precisando che questa è solo una  prima fase  del nuovo riassetto regionale delle strutture ospedaliere e che l’Agenas, agenzia all’uopo incaricata, a breve definirà il piano delle effettive necessità di organico per risolvere le emergenze di ogni territorio, assicurando che in tal senso si sta  già lavorando con la nuova Direzione ASL da poco insediata.

Sin qui nulla da obiettare, ma l’interlocuzione tra i due ha avuto anche qualche puntualizzazione politica, il Sindaco ha fatto notare la poca sensibilità da parte della Regione, oggi a guida centrodestra, rispetto alle richieste di organico presentate dai presidi ospedalieri del sud  e la Presidente della Commissione ha ricordato allo stesso che le politiche perseguite dal precedente Assessore alla Sanità, quando il Lazio era governato dal centro sinistra, non avevano certo risolto i problemi all’oggi  denunciati.

La polemica si è chiusa con l’invito di Salera a guardare avanti ed a lavorare uniti per le soluzioni future.

Sebbene questa sia in estrema sintesi la rappresentazione dei fatti, così riportati per brevità, vi sono alcuni punti di riflessione  meritevoli dell’attenzione dei lettori.

 Il primo è che da troppo tempo l’emergenza sanitaria presente nella Bassa Ciociaria, legata soprattutto a carenze di organico dei pronto  soccorso  e dei reparti ospedalieri, è terreno di  aperto  confronto tra Regione e rappresentanti del territorio, sia con i governi  di centro destra che di centro sinistra.

Basti pensare che sono passati anni da quando si programmò che la struttura del S. Scolastica fosse un Dea di primo livello, senza che questo ad oggi possa dirsi pienamente realizzato.

Le misure tampone introdotte dalle varie amministrazioni regionali che si sono succedute dal 2010 in poi hanno riguardato principalmente il taglio della spesa sanitaria, prima con la chiusura di alcune strutture ospedaliere della provincia (governi di centrodestra) e poi l’apertura  delle cosiddette Case della Salute ( governi di centrosinistra) pensate come strutture di prossimità, ma di fatto limitate nella capacità di offrire servizi sanitari e cure adeguate alle effettive esigenze.

La cartina di tornasole che da conto della scarsità del risultato di tali politiche è data dal numero dei malati che hanno dovuto ricorrere alle cure negli ospedali della Capitale e da quelli che si sono rivolti a strutture di altre regioni.

Il Covid ha poi mostrato, con la crudezza tipica dei momenti peggiori, le differenze di disponibilità  dei mezzi e della qualità delle cure nei piccoli e nei grandi ospedali.

Di fronte all’incontrovertibile necessità di riequilibrare il sistema sanitario regionale, cosa accettata  da tutte le forze politiche all’indomani della pandemia, si è convenuto sia da destra che da sinistra che l’unica via da percorrere per il futuro doveva essere il potenziamento delle strutture sanitarie di prossimità.

Senza andare oltre, credo che su una materia così delicata e fondamentale per la qualità della salute dei cittadini la politica di ogni colore debba rinunciare ad ogni sorta di partigianeria ed abbracciare una visione comune, cioè operare quelle scelte che alla fine realizzino effettivamente il risultato atteso da tutti cittadini di un determinato territorio.

La salute è un bene comune, e anche nel basso Lazio vanno garantiti gli stessi livelli di prestazioni di tutte le altre province, evitando ogni sorta di sperequazione che possa determinare o far percepire   l’esistenza di cittadini di serie A e cittadini di serie B.

E’ ovvio che amministrazioni di appartenenza politica diversa possano avere visioni strategiche diverse di come realizzare un risultato,  ma alla fine del percorso ciò che non bisogna cambiare è il risultato che i cittadini si attendono.

Per concluderla qui, 14 nuovi medici all’ASL di Frosinone non possono rappresentare la soluzione finale del problema relativo al potenziamento dei pronto soccorso e dei reparti ospedalieri dell’intera provincia di Frosinone, sicuramente bisognerà intervenire e riequilibrare, anche perché siamo in una regione che eredita il massimo della tassazione a fronte di servizi poco efficienti.

Riccardo Pignatelli

 





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