3 marzo 2020, quella sera che Cassino scoprì di avere il Covid "in casa"

3 marzo 2020, quella sera che Cassino scoprì di avere il Covid "in casa"
di autore Alberto Simone - Pubblicato: 03-03-2021 00:00

L'ANNIVERSARIO - Oggi, un anno fa, il primo contagio. In 365 giorni il virus ha fatto 38 vittime in città. Positivi, guariti e decessi: tutti i numeri della pandemia in questi 12 mesi all'ombra dell'Abbazia. Le polemiche sterili e quella consapevolezza che ancora manca a molti cittadini. Che intanto se la prendono con la politica. Tuttavia la risposta delle istituzioni è stata spesso esemplare, ed è stata premiata. Ma non è andato tutto bene. E nulla sarà più come prima

Era il tardo pomeriggio, quando la lettera della Asl arrivò sulla scrivania del sindaco Enzo Salera. La comunicazione ufficiale alla città giunse l’indomani, ma dalla sera del 3 marzo 2020, a Cassino, nulla è stato più come prima. Nulla sarà più come prima. Neanche quando l’incubo del Covid finirà. No, non sarà come riaccendere l’interruttore dopo l’ora più buia. Il 3 marzo del 2020 a Cassino è stato accertato il primo caso di Covid. Le prime indiscrezioni parlavano di un cluster che si sarebbe sviluppato in una clinica della provincia di Frosinone: si trattava del “San Raffaele” di Cassino. La diffusione del contagio fu rapidissima.

Enzo Salera

L’indomani, 4 marzo, mentre il sindaco annunciava alla città il primo caso di Covid e l’ex ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina comunicava che dal giorno successivo tutte le scuole d’Italia sarebbero state chiuse per dieci giorni, i positivi nella città martire erano già in doppia cifra. Una escalation paurosa, in sole due settimane.

Infatti il 17 marzo il primo cittadino parlando alla città illustrò questi numeri: "Dal 3 marzo, cioè nel momento in cui si è verificato il primo caso presso la Casa di Cura San Raffaele, sono risultati positivi presso questa struttura complessivamente 24 persone, di cui 17 pazienti, 4 operatori sanitari e 3 persone che erano state dimesse nelle settimane precedenti e risultate positive successivamente in altre strutture" significando così che Cassino si è rivelata da subito la città della provincia di Frosinone con il più alto numero di contagi.

Ed è così che il 21 marzo, a dieci giorni dal lockdown nazionale annunciato dall’ex premier Giuseppe Conte, a Cassino - ironia della sorte nel giorno di San Benedetto - si riunisce un vertice d’urgenza con la Asl, il prefetto e l’assessore regionale alla Sanità Alessio D’Amato. Si valuta l’ipotesi di istituire la zona rossa. Misura che il sindaco riesce ad evitare, ma al termine della riunione dirà: "Non mi stancherò mai di ricordarlo, in momenti come questi ogni decisione va concordata con le altre Autorità in campo. Lo abbiamo già detto ma è importante che i cittadini dell'intero territorio siano in casa ed evitino contatti e quindi il contagio”.

Luigi Maccaro

L’assessore alla Coesione Sociale Luigi Maccaro, intanto, accende i motori di Cassino Risponde coadiuvato dalla collega Maria Concetta Tamburrini e dall’ex consigliere comunale Paolo Iovine. L’Anci (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) premierà poi quel progetto solidale come uno dei migliori messi in campo durante la fase acuta dell’emergenza sanitaria. Una fase durante la quale la città, come l’intero Paese, ha fatto squadra e si è stretta intorno alle istituzioni.

Ma la concordia è terminata nel breve tempo: già quando si intravedeva qualche spiraglio di normalità in città scoppiarono le prime polemiche. Un esempio? Il 25 aprile si sarebbe dovuta tenere l’edizione numero 30 della maratona di primavera con oltre 5.000 persone in città. Annullata, come tutti gli altri eventi.

Ma nel giorno della Liberazione una macchina attraversò le strade della città, munita di megafoni, e diffondeva le note di Bella Ciao. Ed è l’episodio che dà il via ad una serie di polemiche: "Chi ha dato l’autorizzazione a quella vettura di circolare mentre noi siamo chiusi in casa?" domandavano indignati alcuni internauti a mezzo social.

L'attivazione del primo drive in all'ospedale di Cassino

Poi, a giugno, a seguito del miglioramento della curva epidemiologica ecco le riaperture e, puntuali, altre polemiche: chi lamentava i troppi assembramenti, chi il fatto che la città fosse “morta” e non c’era stata un’adeguata preparazione per la ripartenza. Ma il ritorno alla normalità, anche se condito da polemiche, purtroppo è durato poco. In piena estate, infatti, dopo 11 giorni a contagi zero, è stata la città di Cassino a segnare l’inizio della seconda ondata in Ciociaria: il 17 luglio, mentre in provincia di Frosinone si negativizzano gli ultimi tre pazienti positivi, ecco che dalla città martire veniva annunciato un nuovo caso di positività: per la provincia di Frosinone sfuma il sogno del “Covid free”.

Le vacanze, la voglia di divertimento dopo tre mesi chiusi in casa, la convinzione che ormai il peggio è passato, fanno il resto e danno l’accelerata a quella che abbiamo conosciuto come “seconda ondata”. A fine agosto, infatti, si ricomincia daccapo con il calcolo giornaliero dei casi. Proprio alla vigilia della riapertura delle scuole.

Ci si comincia dunque ad organizzare con il tracciamento, i tamponi a tappeto. Ma ad avere la meglio sono ancora una volta le polemiche. Polemiche per le code chilometriche per il drive-through, con tanto di foto pubblicate sui social. E poi le polemiche sulle scuola: tra chi invocava la chiusura e chi ora protesta, perchè, dopo una "resistenza" di cinque mesi, si è dovuto fare i conti con i numeri che hanno una loro forza intrinseca. Nelle ultime settimane i contagi in età pediatrica sono saliti come mai prima: in Ciociaria individuati 37 casi di variante, 9 nei bambini (5 inglese, 4 brasiliana). E così, a un anno di distanza dal primo caso, oggi, 3 marzo 2021, il primo giorno di didattica a distanza del nuovo anno scolastico per tutti gli istituti di Cassino.

I controlli durante il lockdown

E’ cambiato il mondo, in questi 12 mesi. Si sono rivoluzionate le nostre abitudini. La didattica a distanza, lo smart working, i consigli comunali su zoom, i vertici di lavoro su skype, le lauree nel salotto di casa tramite meet, le chiamate di gruppo con gli amici su whatsapp. No, non sarà come riaccendere l’interruttore. Perché il virus ci ha colpito nel punto più nevralgico e fragile dell’esistenza, quello del contatto umano.

Dal 3 marzo 2020 ad oggi a Cassino sono morte 38 persone, che hanno lasciato mariti e mogli, padri e madri, figli e nipoti, amici e vicini di casa. Parliamo di 38 vite spezzate. Questi i numeri di un anno di pandemia all’ombra del monastero benedettino: 1.860 persone contagiate, 38 deceduti, 1.726 guariti. Sono 96, oggi, le persone positive.

L’anno scorso, con meno di un terzo dei contagiati, si pensava ad istituire la zona rossa. Ma 365 giorni non sono passati invano. Abbiamo i dispositivi di protezione individuali, abbiamo i tamponi rapidi e i tamponi molecolari, abbiamo una rete di tracciamento. Abbiamo imparato a conoscere meglio il virus. Dopo Frosinone, anche nell’ospedale di Cassino è stato istituito un apposito reparto Covid. Ora ci sono le varianti del virus, che fanno più paura, è vero. Ma c’è anche il vaccino. Chi ci avrebbe scommesso il 3 marzo del 2020?

Enzo Salera in ospedale con Ettore Urbano

L’impatto del Covid è stato certamente violentissimo, anche a Cassino, una delle città maggiormente colpite della Ciociaria. Ma pronta è stata la risposta delle istituzioni: dal Comune di Cassino alla Asl di Frosinone. Pronta, soprattutto, è stata la risposta della regione Lazio, che anche nella campagna vaccinale, pur nella carenza delle dosi, si conferma un presidio indispensabile.

Un po’ meno pronta è stata la risposta dei cittadini, come se ancora mancasse la consapevolezza che a generare questi numeri sono soprattutto i nostri comportamenti. Poco c’entra il presidente del Consiglio di turno o il sindaco pro tempore.

Un esempio? A Cassino, nella prima decade di gennaio, ovvero subito dopo il periodo delle festività natalizie si è raggiunto il massimo storico: circa 400 persone positive contemporaneamente. Oggi sono 96. “Datevi una regolata” è sbottato il primario del pronto Soccorso del Santa Scolastica Ettore Urbano lo scorso 24 ottobre. Il monito è sempre valido, perchè un anno dopo la guerra non è ancora finita. E per vincerla, da parte nostra basta solo qualche sacrificio. Al vaccino, dopotutto, ci hanno pensato gli scienziati: noi dobbiamo solo farlo. Speriamo tutti. Speriamo presto.





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