La bontà della... selvaggina

La bontà della... selvaggina
di autore Redazione - Pubblicato: 08-12-2020 00:00 - Tempo di lettura 1 minuti

RUBRICHE- Nella nostra cultura culinaria ci sono dei piatti molto raffinati che però non sono mai elencati tra quelli "della tradizione": si tratta della selvaggina, conosciuta anche come carne nera

Questa categoria di carni è abbastanza vasta e legata principalmente alla caccia sportiva.
Un tempo la selvaggina faceva parte della tavola molto più spesso di ora, poiché la carne rossa era più rara da trovare in commercio ed era pratica comune imbracciare un fucile e procurarsi quel poco che bastava per preparare la povera cena di contadini, operai e pastori.
In passato molti erano cacciatori per necessità e la preda catturata, anche se di piccola taglia, spesso sfamava l'intera famiglia. Dal racconto di anziani, spesso in tempo di guerra o subito dopo, si appura che all'imbrunire si usciva per raccattare un solo tordo o un palombo per il brodo.


Gianni Rodari ci riporta alla mente questa usanza e ci racconta di un "cacciatore sfortunato" :
《- Prendi il fucile, Giuseppe, prendi il fucile e vai a caccia- disse una mattina al suo figliolo quella donna. - Domani tua sorella si sposa e vuol mangiare polenta e lepre》.
Rodari racconta che il cacciatore senza successo incontra prima una lepre, poi un fagiano e infine un merlo, ma non riesce a prendere nulla. La fantasia del poeta ci descrive l'impiego della selvaggina come portata per un matrimonio e l'utilità della caccia come fonte di alimentazione.
Oggi la cottura di questa carne prelibata diventa raffinatezza e di sicuro cucina d'élite.
Il fagiano, il piccione, il tordo, la lepre, fino alle taglie più grosse: cinghiale, capriolo, daino, cervo.
Il primo ingrediente per cucinare selvaggina è la pazienza!


La preparazione non si esaurisce in sola  giornata. La maggior parte delle carni selvatiche devono macerare. Il cinghiale, ad esempio, dopo un accurato lavaggio in acqua fredda, deve rimanere una notte in un preparato di vino ed odori vari, tipo rosmarino, aglio, limone, alloro; poi va scolato e cotto nella variante che si preferisce.
I più ardimentosi lo provano anche al cacao, con succhi di agrumi o sughetti di funghi o carciofi ma la tradizione lo vuole con abbondante salsa di pomodoro per portarlo in tavola con le pappardelle. In qualunque modo lo si scelga, il cinghiale ha bisogno di lentezza: oltre che il bagno, anche la cottura è lunga.


Le preparazioni a base di selvaggina in generale sono molto particolari poiché la carne ha un sapore molto intenso e il riposo nel vino si rende quasi sempre necessario, anche per spegnere il gusto molto forte.
Daino, capriolo e cervo non sono molto diffusi nelle nostre zone, ma le loro carni sono prelibate e utilizzate prevalentemente per i sughi o per ricavarne salumi come salsicce o prosciutto.
Il daino ha un tipo di carne povero di grassi ma anche ricco di proteine, il suo sapore particolare lo rende ottimo per la realizzazione di uno spezzatino, che può anche essere servito come piatto unico. Per prepararlo occorre marinarlo come già detto e una volta pronto infarinare i vari pezzi di spezzatino di daino prima di cuocerli in modo che restino teneri anche dopo una lunga cottura. Vanno rosolati e poi messi da parte. A questo punto vanno preparate le verdure che faranno da contorno alla carne: melanzana peperone e cipolla. Peperoncino, sale e pepe non guastano mai.

La lepre è molto simile al coniglio, quindi si potrebbe utilizzare lo stesso procedimento di preparazione, ma anche qui, visto il carattere forte del gusto, la marinatura contribuisce a smorzarne il sapore. come per il fagiano, le lepri sono squisite cotte alla cacciatora, preparate in casseruola su un soffritto di prezzemolo, sedano cipolla e carota, con l'aggiunta di pomodorini tagliati grossolanamente.


Tordo, quaglia, colombaccio, fagiano e la ricercata beccaccia sono perfetti in umido: una volta puliti per bene, vanno avvolti con foglie di guanciale o lardo e della salvia oppure alloro, legati con uno spago per assicurarne la tenuta e rosolati in una casseruola. Sale e pepe, e se necessario, aggiungere un filo d'olio e portarli a cottura con l'aggiunta graduale di brodo. Una volta pronti, vanno serviti con il loro sugo su fette di pane tostate.
Nella cucina povera di qualche anno fa si preferiva la cottura lenta nel tegame di terracotta accanto al fuoco del camino con un brodo vegetale semplice di patate, sedano e cipolla.
La beccaccia, tra gli uccelli la più rara, si preferiva per esaltare il condimento della pasta oppure quello della polenta, quindi con la sua carne si procedeva ad una cottura insieme alla salsa di pomodoro.


La selvaggina ha senza dubbio un gusto differente rispetto alla carne che siamo abituati a consumare. Per questo esortiamo i palati più curiosi che vogliano incontrare un gusto primitivo a provarla, magari in una casa di campagna cotta da mani esperte. Ai cuochi intraprendenti, invece, il nostro invito a cimentarsi nella preparazione di piatti dal sapore nuovo e allo stesso tempo…antico





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