"Parole in catene", un successo l'iniziativa targata Unicas

"Parole in catene", un successo l'iniziativa targata Unicas

SCUOLA - In tanti in aula magna per lo spettacolo portato in scena dalla Compagnia Stabile Assai del Carcere di Rebibbia. Le studentesse dell'I.I.S. S.an Benedetto della VL dell'indirizzo Servizi Socio Sanitari spiegano la mattinata

di Francesca Messina

Un grande successo ha avuto lo spettacolo “Parole in catene” che si è tenuto presso l’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale portato in scena dalla Compagnia Stabile Assai del carcere di Rebibbia.

“Grande è stata – hanno spiegato le studentesse della classe VL dell’I.S.S. San Benedetto di Cassino dell’indirizzo Servizi Socio Sanitari - la capacità degli attori di mettersi in gioco con una performance non precostituita ma mettendo in scena la loro vita, parole forti, esperienze toccanti accompagnate da brani musicali eseguiti con professionalità. La storia del carcere è stata raccontata attraverso musica e parole per porre l'accento sul problema dei sistemi repressivi adottati in regime detentivo sia prima che dopo l'Unità d'Italia. Attraverso un breve excursus storico, sono stati rievocati molti eventi, dalla lotta al brigantaggio alle rivolte dei detenuti sedate nel sangue in anni in cui il sistema carcerario era basato esclusivamente sulla repressione contro ogni forma di protesta e ribellione. Metodi che non cambiano durante le due guerre mondiali e che si inaspriscono negli anni Settanta e Ottanta, segnati dagli anni bui del terrorismo. Successivamente, gli istituti penitenziari sperimentano la fase dell'umanizzazione creando un rapporto con i detenuti libero da pregiudizi e stigmatizzazione impegnandosi a non guardare più il reato ma la persona.

Proprio sull'aspetto umano e sul rapporto di empatia tra educatore e recluso si è basato il dibattito al termine della rappresentazione. Un dialogo con gli attori della Compagnia fatto non solo di parole ma di emozioni, sensazioni, ricordi che ci hanno trasferito in modo immediato nel loro vissuto, nelle testimonianze dolorose di emarginazione, pregiudizi e di rifiuto che caratterizzano ancora oggi il sistema carcerario. Gli ex detenuti devono molto agli educatori che hanno fornito loro gli strumenti per attuare un profondo cambiamento di prospettive, identificandosi con il loro disagio e aiutandoli nel recupero e nel reinserimento sociale. Il teatro ha svolto per gli ex detenuti e svolge per i reclusi una funzione catartica e rieducativa. Rappresenta lo strumento privilegiato, "la formula magica" che permette di distaccarsi dal proprio passato e vivere molteplici esistenze, di cambiare il gioco dei ruoli esprimendo che si può essere altro da sé e sicuramente che si può essere migliori. Una lezione di vita, uno spaccato sulla realtà carceraria, profondi spunti di riflessione, tutto questo ci ha regalato la mattinata trascorsa in compagnia degli attori che vogliamo ringraziare per il coraggio di "mettersi a nudo" e per la capacità di sensibilizzare noi giovani su una tematica di grande attualità di cui non si parla mai abbastanza”.





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