RUBRICHE - La penna di Marco Violi ci racconta l'opera che da sola eleva il genere, come Il Signore degli Anelli è stato per il fantasy
di Marco Violi*
Entrare in una sala cinematografica è, a tutti gli effetti, l’unico modo per visitare altri mondi e, contemporaneamente, adempiere a una delle più antiche funzioni della nostra razza. Dai tempi in cui vivevamo nelle caverne a oggi, infatti, poche cose sono rimaste uguali, e una di queste è il nostro bisogno di inventare e raccontare storie.
Che sia intorno al fuoco ad ascoltare i racconti degli anziani della tribù; o in un’affollata agorà a sentire le note e le voci di aedi e rapsodi; oppure ancora in un teatro dell’Antica Roma, della Victorian Age o in un cinema, nella nostra storia c’è sempre stata una costante: il bisogno impellente di raccontare e ascoltare.
E Dune è una di quelle storie che vanno raccontate. Con calma, pazienza, senza l’azione serrata che i cinecomics cercano di imporre per nascondere vuoti di trama che qui non ci sono, perché in Dune la trama è davvero colossale e talmente vasta da non avere bisogna degli stravolgimenti tanto in voga a Hollywood per far sentire incluse tutte le etnie del Mondo, perché questa storia includeva tutti già nel 1965.
Intendiamoci: il film si prende delle licenze rispetto al romanzo, ma nulla che non sia lecito, niente che stoni. Nella maggior parte delle scene resta fedele; in alcune parti taglia, in altre cambia, ma senza mai stravolgerne il senso.
Ho letto “Dune” più di una volta, l’ho raccontato un centinaio e ho immaginato quelle scene scorrere nella mia testa più volte di quante riesca a contarne. Nemmeno nella mia immaginazione, però, era tutto così bello.
In termini di trasposizione, siamo vicini ai livelli raggiunti da Peter Jackson quando, tra il 2001 e il 2003, portò al cinema Il Signore degli Anelli in un modo che nessuno credeva possibile. Ecco: Dune può essere per la fantascienza quello che Il Signore degli Anelli è stato per il fantasy: ovvero l'opera che da sola eleva il genere.
Nota d’apprezzamento per il doppiaggio italiano: il romanzo di Frank Herbert attinge a piene mani dalla cultura araba e infatti si parla più volte di Jihad e non di Crociata, come invece avviene nella versione originale del film. In italiano però il termine inglese "crusade" è stato reso come “Guerra Santa”, una delle traduzioni di Jihad (l’altra sarebbe “sforzo per avvicinarsi alla via di Dio”).
Ben fatto.
L’autore
* Marco Violi, “l.eternauta”, nasce a Roma nel 1992. Da sempre appassionato di fantascienza, come ogni critico è diventato tale perché la sua cronica incapacità di scrivere qualcosa di originale gli fa preferire parlare del lavoro di altri. Quindi siate carini con lui
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