RUBRICHE - Sorge sul fiume Melfa, il cui nome richiama la dea dell’acqua Mefite. Giulia Zaccardelli ci porta alla scoperta di questo luogo speciale dove, in passato, avvenivano riti di passaggio. Ecco quali
Da Settefrati, la strada per la val di Canneto è piena di curve, che ci fanno girare la testa. Ma ci sbagliamo a credere che siano solo le curve a farci perdere l’orientamento.
Ci accoglie la chiesa di Madonna di Canneto, che ogni anno è meta di pellegrini ed escursionisti. Sorge sul fiume Melfa, il cui nome richiama la dea dell’acqua Mefite, e l’aggettivo mefitico, che emana un odore irrespirabile; qui c’erano, probabilmente, acque solfuree.
Oggi arriviamo alle cascate di papa Giovanni Paolo II, ma prima camminiamo nel bosco, in cui i nostri passi seguono quelli degli animali che lo popolano.
Quando c’è la neve le orme sono visibili, ma anche, nel silenzio, possiamo concederci di immaginare lupi che procedono in fila, uno dietro l’altro, i più anziani davanti a dare il passo, i più giovani dietro, a camminare nelle tracce di chi li precede; o anche i camosci, che si arrampicano ovunque in cerca di erba.
Come in un quadro, la natura incornicia i nostri passi: ci muoviamo tra i faggi, e tra le storie che ci riguardano personalmente, che sono dentro di noi, anche se non lo sappiamo. Camminiamo sulla terra su cui, in passato, avvenivano riti di passaggio. Tra questi, la primavera sacra, ver sacrum in latino: i ragazzi, i più giovani del villaggio, dovevano perdersi nel bosco per fondare una nuova comunità altrove. Per diventare adulti. Per dare origine ad un nuovo popolo. Una storia di allontanamento, di divisione, ma anche di ricostruzione.
Un bosco fitto di storie, di nodi da sciogliere, da raccontare, altri da intrecciare, da complicare, per tramandare altri racconti a chi attraverserà questa realtà così suggestiva dopo di noi.
Un leggero gorgoglio di acqua si intromette tra i nostri pensieri, e il cammino devia verso il basso, dove ci sono le cascate presso cui Giovanni Paolo II si è ritirato in meditazione nel 1985, come dimostra un libro che è lì, dedicato a lui.
Il rumore è piacevole, la realtà sospesa in un bosco che è un mondo tutto da scoprire, le cui regole non sono scritte, ma esistono, e l’equilibrio che ci circonda ne è l’espressione. Nulla è lasciato al caso, e quello che succede nel bosco, resta nel bosco.
Se risaliamo dalle cascate e proseguiamo il sentiero, arriviamo alla zona dei tre confini: dove si uniscono i confini geografici di Lazio, Abruzzo e Molise. Una cosa ricorrente sulle nostre montagne. In passato, qui si incontravano diversi popoli italici: sanniti, osci, volsci, marsi. Ognuno con la sua storia e le sue tradizioni da tramandare, da mischiare, da vivere.
Con la neve o senza, questo è un luogo magico, intriso di spiritualità e sacralità, di condivisione.
Una condivisione che va oltre le ristrettezze dovute al covid, perché è una comunanza di sentire, una comune ricerca di sé tramite la scoperta delle origini, e lo stupore nel riscoprirci affini, legati oltre le distanze.
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