Strettamente personale. La presidenza del "cimitero degli elefanti"

Strettamente personale. La presidenza del "cimitero degli elefanti"
di autore Mario Costa - Pubblicato: 18-12-2021 00:00

OPINIONI - La riflessione del prof. Mario Costa a margine del Congresso di circolo del Pd

di Mario Costa

Abbiamo ricevuto nei giorni successivi al congresso del Partito democratico cassinate, tenutosi domenica scorsa, tanti auguri di buon lavoro per la nostra nomina alla presidenza del Comitato di garanzia. Altri ne stanno arrivando ancora. Ieri, quelli pubblici del coordinatore cittadino di Pop, l’ex consigliere comunale Claudio Donatelli. Ci hanno fatto questi ultimi particolarmente piacere per via dell’intelligenza politica della persona che abbiamo avuto modo di apprezzare nell’impegno amministrativo comune, posizionati sulla stessa sponda, durante l’era di Peppino Petrarcone.

Gli auguri, non c’è che dire, fanno sempre piacere. Pure quando sono di mera circostanza e della cui cosa ci accorgiamo finanche. Però, dobbiamo confessare, che questa volta gli auguri ci hanno fatto piacere solo fino ad un certo punto. Per via di una strana inquietudine che ci hanno provocato. Non tutti ricordano, o sanno, che prima del cambio delle denominazioni avutesi in itinere a seguito della fusione tra quelli che furono la Dc e il Pci, l’organismo di partito sulla cui “poltrona presidenziale” poggeremo le nostre chiappe (parola quest’ultima un po’ colorita, ma che usiamo anche riferita alle nostre, di chiappe, se non altro per dimostrare a chi ne ha bisogno che occorre saper sorridere anche su se stessi), quell’organismo, dicevamo, ufficialmente si chiamava Collegio dei Probiviri.

I compagni dotati di sano senso dell’umorismo invece scherzosamente lo chiamavano “il cimitero degli elefanti”. Sì, perché vi confluivano in questo organismo del partito esponenti autorevoli, rispettati per il rilevante ruolo ricoperto in passato, sui quali si poteva sempre contare, ma sostanzialmente ormai “bolliti” per la prospettiva politica. Ecco, l’essere stati spinti dagli auguri a prendere atto e a considerare amaramente tale nostro status di “elefanti” ma “bolliti”, anche se ne abbiamo piena contezza, confessiamo che non ci ha lasciato del tutto indifferenti. Confessiamo pure che registriamo una certa fatica a farci scivolare addosso l’amarezza per ciò che potremmo essere ma che non saremo più. Troveremo comunque la forza per farcene una ragione.

Così, con la consolazione di essere stati scelti fra gli iscritti del Pd di “riconosciuta competenza ed indipendenza”, ci accingiamo a vigilare sulla corretta applicazione dello Statuto, delle disposizioni emanate sulla base

dello stesso, nonché del Codice Etico, fornendo – ove e quando venissero richiesti – “pareri e chiarimenti sulle loro disposizioni, ovvero intervenendo sulle questioni interpretative che possano sorgere”.

Che il buon Dio dunque aiuti noi e gli altri componenti del Comitato di Garanzia. Ma ancor più ci dia un po’ del suo aiuto a che tutto nei giorni a venire fili liscio, e non ci siano questioni interpretative d’Egitto da…interpretare. Come sempre non è stato negli anni passati.

Delle regole non si può certamente fare a meno, ma quando nel campo della politica per andare avanti bisogna prendere sempre lo Statuto in mano, per interpretare l’una o l’altra regola, per dare ragione all’uno o all’altro, non si va lontano, perché vorrà dire che le cose non vanno come dovrebbero andare.

Con il congresso di domenica scorsa, “celebrato” in un clima sereno ed unitario, si è chiusa una lunga fase commissariale e si è ripristinata la normalità gestionale e democratica nel partito di Cassino. Nell’ampio spazio temporale si è lavorato per sanare la traumatica frattura nel Pd che portò alcuni iscritti a seguire, nella primavera del 2019, una via diversa da quella delle primarie. Cosa riuscita in buona parte. E’ bene che ciò sia avvenuto perché c’è bisogno di un partito vivo, capace di confrontarsi con maturità al suo interno, di essere e di mostrarsi unito all’esterno. Un partito diviso, infatti, può andar bene solo agli avversari. Non certamente ad Enzo Salera e alla sua amministrazione tenacemente voluta e che si ha il dovere di sostenere anche dall’esterno contro gli attacchi che, com’è facile prevedere, si faranno sempre più frequenti e più duri man mano che si avvicina la scadenza amministrativa. E ci riferiamo non solo all’opposizione eletta ma anche a quella extraconsiliare che entrambe, comunque, fanno il loro gioco. Il Pd deve fare il suo.

Per un lungo periodo (a voler essere indulgenti), diciamo che la sua voce è stata alquanto flebile. Senza più una sede, senza un direttivo, con il Covid di mezzo, la presenza è stata assai poco percepita, né poteva forse essere diversamente. Ora bisognerà ripartire e cominciare a fare ciò che ad un partico come il Pd compete. Non essere certo solo “cassa di risonanza” dell’amministrazione comunale, ma esercitare un’azione di stimolo, di critica ove necessario, di suggerimenti auspicabili. Non certamente

rimarcare solo le criticità come fa l’opposizione, dove peraltro si può contare sulla poca credibilità di qualcuno il quale, per criticare ad ogni costo l’amministrazione, lo fa andando “a caccia di farfalle” anche in tempo di stagione fredda. Questo il compito, crediamo.

Bisognerà lavorare per favorire l’accrescimento dei consensi al partito, la partecipazione degli iscritti alle decisioni; guardare al pluralismo come ad una ricchezza; privilegiare sempre il confronto democratico come metodo per scelte condivise. Insomma lasciarsi guidare da una concezione della politica aperta all’ascolto della società e dei suoi bisogni, mantenendo con i cittadini, con i lavoratori, da quali bisognerà tornare a “fare politica”, un rapporto corretto e intenso. Senza aspettare la vigilia della scadenza elettorale per farlo. Allora potrebbe essere troppo tardi.

Se malauguratamente si profilasse all’orizzonte tal ultima cosa, poiché a quel punto, al pari della panchina di un allenatore bollito, la “poltrona” del presidente di quello che fu “il cimitero degli elefanti” scotterebbe oltre ogni umana sopportazione, quel presidente se la sarebbe già data a gambe da tempo. Senza aspettare di doverlo fare poi con le chiappe fumanti.





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