Parità di genere: oltre le norme, al centro la persona

Opinioni - L'incontro a Frosinone rilancia il dibattito: più educazione e meno burocrazia per una vera uguaglianza. Serve un nuovo umanesimo, non nuove norme

Parità di genere: oltre le norme, al centro la persona
di Dario Nicosia - Pubblicato: 16-02-2025 12:30 - Tempo di lettura 3 minuti

Il recente incontro presso la Provincia di Frosinone sulla parità di genere e sulle politiche di inclusione ha rilanciato il dibattito su un tema che, per la sua natura, dovrebbe essere affrontato con un approccio meno ideologico e più sostanziale. La questione della parità tra uomini e donne, infatti, non può essere ridotta a una serie di norme di diritto positivo, né può essere risolta esclusivamente attraverso regolamenti, certificazioni e strutture amministrative.

Viviamo in un’epoca in cui l’individuo viene sempre più definito in base alla propria appartenenza a una categoria: genere, orientamento sessuale, etnia, credo religioso o posizione sociale. Ma ci siamo mai chiesti se questa frammentazione sia davvero il modo migliore per garantire l’uguaglianza?

Il punto centrale è: che cosa deve essere preminente nella nostra società? La persona o il suo orientamento sessuale, politico, religioso? Se continuiamo a enfatizzare le differenze categoriali piuttosto che il valore dell’individuo, rischiamo di sostituire un’ingiustizia con un’altra, creando nuove forme di separazione e discriminazione sotto l’apparenza di politiche inclusive.

Un principio di equità autentico dovrebbe basarsi sulla centralità della persona e non sulla sua appartenenza a un gruppo. La parità non si ottiene imponendo quote o creando ruoli specifici come il Consigliere di Parità, che paradossalmente cristallizza una distinzione invece di superarla. Si potrebbe persino dire che, in un contesto di vera parità, questa figura diventi superflua, perché il riconoscimento del merito e della dignità dovrebbe avvenire naturalmente, senza bisogno di interventi correttivi di natura burocratica.

Diritto naturale e diritto positivo: quale prevale? La parità tra uomini e donne è un principio radicato nel diritto naturale, ossia in quell’ordine di valori universali che prescinde dalle norme giuridiche scritte. Il diritto positivo – l’insieme delle leggi e regolamenti che una società si dà – dovrebbe servire a tutelare e garantire questo principio, non a sovrapporsi ad esso con un eccesso di regole che finiscono per generare nuove distorsioni.

Quando si invocano certificazioni di parità di genere, Piani di Azioni Positive, Osservatori provinciali e altre misure, si sta davvero promuovendo la parità o si sta burocratizzando un concetto che, per sua natura, dovrebbe essere insito nella cultura e nella coscienza collettiva? È lecito chiedersi se questa continua necessità di “misurare” e “certificare” l’uguaglianza non sia in realtà il sintomo di una mancata assimilazione di questo valore nella società.

Non sarebbe più utile educare alla parità piuttosto che amministrarla? La cultura della dignità e dell’equità non si costruisce a colpi di regolamenti, ma attraverso l’educazione, il rispetto reciproco e il riconoscimento del valore dell’individuo indipendentemente dalla sua appartenenza di genere o di categoria.

L’attuale dibattito sulla parità sembra muoversi su un binario pericoloso: quello della continua contrapposizione tra categorie. Da un lato si combatte la discriminazione di genere, dall’altro si rischia di rafforzare una mentalità che guarda prima all’etichetta di appartenenza e poi alla persona.

Questa impostazione non fa che alimentare tensioni e rendere ancora più difficile il superamento degli stereotipi. La vera sfida non è aggiungere ulteriori strumenti normativi, ma superare la dicotomia tra chi siamo e ciò che siamo.

La società non dovrebbe essere costruita su schemi di contrapposizione, ma sulla valorizzazione dell’individuo come soggetto portatore di diritti e doveri, senza bisogno di intermediazioni normative o di apparati burocratici dedicati.

Solo riportando l’individuo al centro, come in una visione di Gentiliana memoria, si può sperare di costruire una società realmente equa, in cui la parità non sia un regolamento da applicare, ma un valore vissuto nella coscienza di tutti.





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