L'allarme di Ogliari: "La pandemia ha creato nuove povertà"

L'allarme di Ogliari: "La pandemia ha creato nuove povertà"

IL FATTO - Il monito dell'abate di Montecassino nel Te Deum di fine anno: "Tanti non riescono a pagare le utenze e a fare la spesa. Ascoltiamo anche questi nostri fratelli e sorelle, se vogliamo che le nostre comunità siano davvero casa e scuola di comunione perché quest’ultima non può sopportare che qualcuno ne rimanga escluso"

di Francesca Messina

Ascolto, dialogo e discernimento, queste le tre parole fondamentali​ pronunciate dall'Abate dell'Abbazia di Montecassino, dom Donato Ogliari, durante il Te Deum. L'Alto Prelato, attraverso questi tre punti, ha stilato un bilancio dell'anno che si è appena concluso e nello stesso tempo ha voluto inviare un messaggio per l'anno che è appena iniziato. Non sono mancati i passaggi sull'emergenza sanitaria da Lui definita come fonte di ansia e di preoccupazione, sui malati, bambini, diversamente abili, sulla crisi economica, sulla povertà e sulla solitudine scaturita anche dalla pandemia. "Per questo nuovo anno chiediamo al Signore un cuore che sappia ascoltare, dialogare e discernere", questo l'annuncio di dom Ogliari.

"L'ascolto è fondamentale - ha detto l'Abate dom Ogliari, durante il Te Deum, che si è tenuto presso la Basilica​ Cattedrale di Montecassino - per vincere l’indifferenza e giungere a intessere relazioni autentiche con gli altri. Ad esso ci si educa, continuamente. Questo è fondamentale quando ci poniamo in ascolto, ad esempio, del grido di tanti nostri fratelli e sorelle che vivono nell’indigenza e nella povertà, magari a pochi passi dalle nostre porte di casa. Non crediamo che il nostro territorio ne sia esente. Anche da noi la pandemia ha non solo acuito le vecchie povertà (quelle che scaturiscono dalla carenza di mezzi economici), ma ne ha create di nuove, che non sono caratterizzate da una “condizione” o “stato” di vita, ma da “processi” che finiscono col condurre diversi nostri fratelli e sorelle ai margini della vita sociale o addirittura ad escluderli da essa.

Quanti non riescono a pagare le utenze e a fare la spesa; quanti non sono in grado di provvedere ai bisogni e alle necessità dei propri bambini, degli anziani, dei malati o dei diversamente abili! E quanti vivono nella morsa della solitudine o del degrado, o subiscono violenze psicologiche e materiali! Ascoltiamo anche questi nostri fratelli e sorelle, se vogliamo che le nostre comunità siano davvero casa e scuola di comunione, perché quest’ultima non può sopportare che qualcuno ne rimanga escluso!".


Per quanto riguarda il dialogo - ha continuato l'Alto Prelato​ - quel che importa è che le differenze non diventino fonte di conflitti insanabili, ma occasione di confronto rispettoso e sincero e che a prevalere sia il bene di tutti. Allargando poi lo sguardo oltre i confini della Chiesa, e riferendosi esplicitamente alla costruzione della società civile, Papa Francesco afferma che: "Il modo migliore per dialogare non è quello di parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di fare progetti: non da soli, tra cattolici, ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà".


All’ascolto e al dialogo​ - ha continuato l'Abate dom Donato Ogliari​ - è, infine, strettamente collegato anche il discernimento, oggi diventato particolarmente necessario, dato che siamo confrontati con enormi possibilità sia di azione che di distrazione che ci vengono presentate come se fossero tutte valide e buone. Siamo, infatti, tutti esposti e non solamente le nuove generazioni​ ad uno “zapping costante” (Papa Francesco), e per questa ragione un sano discernimento si impone ancor più ai fini di una corretta prassi di vita".


"Sorelle e fratelli carissimi - ha sottolineato l'Abate di Montecassino​ - nel salutare il 2021 che sta tramontando, e nell’accogliere il nuovo anno che sta per iniziare, chiediamo al Signore un cuore che sappia ascoltare, dialogare e discernere; un cuore che sappia trovare il tempo di abbeverarsi alle cose importanti, essenziali, quelle che veramente contano; un cuore che trovi il tempo per donarsi agli altri, soprattutto alle sorelle e ai fratelli più bisognosi, prendendosi cura delle loro pene.
Il tempo della nostra vita, infatti, è troppo corto per essere egoisti! E, soprattutto, il tempo che non viviamo come dono, fatto a noi e, tramite noi, agli altri, è un tempo che rimane vuoto, arido e infecondo.


Anche in questo 2021, che sta volgendo al termine, ci siamo ritrovati a doverci confrontare con l’emergenza sanitaria che continua ad essere fonte di ansia e di preoccupazione, influendo sul decorso delle nostre vite e generando una sorta di sospensione: da una parte ci siamo sentiti parzialmente deprivati di alcune nostre consuetudini e della nostra libertà di azione e di movimento, dall’altra abbiamo avvertito, anche se in misura diversa gli uni dagli altri, l’esigenza di concentrarci sulle cose essenziali e di essere meno succubi di una cultura che ci induce a consumare tutto, anche le relazioni e gli affetti.


Quante volte nelle nostre conversazioni abbiamo sottolineato l’importanza di recuperare valori che rischiano di scivolare inesorabilmente sul piano inclinato della superficialità e dell’indifferenza. E quante volte abbiamo stigmatizzato una visione volatile ed effimera della vita, dove a prevalere su tutto sono le emozioni, l’immagine che vogliamo dare di noi stessi agli altri, e la provvisorietà delle scelte, spesso appiattite sulla ricerca di gratificazioni istantanee, e perciò sganciate da valori o punti di riferimento che possano offrire un sicuro ancoraggio alla nostra esistenza.


In fondo, ogni “fine” dovrebbe generare un “nuovo inizio”.​ Abbiamo bisogno di riappropriarci di relazioni genuine e di riassaporare la bellezza del prenderci responsabilmente cura gli uni degli altri, se vogliamo costruire comunità religiose e civili che siano “casa” e “scuola” di inclusione, di solidarietà, di condivisione e di comunione. Comunità, cioè, che siano luoghi in cui ci si sente a proprio agio, come a casa propria, in cui si sperimentano la familiarità e la sincerità delle relazioni che in esso si intrecciano. E comunità che siano luoghi in cui non si smette mai di imparare alla scuola della vita, poiché, in definitiva, è essa che ci plasma come esseri umani, ed è sempre essa che, come credenti, ci aiuta ad incarnare la nostra fede cristiana nei solchi della quotidianità.


Sullo sfondo di questa duplice definizione di “casa” e “scuola” e tenendo presente anche il “Cammino sinodale” che è stato avviato in tutta la Chiesa cattolica, vorrei riproporre alla nostra attenzione, a noi che guardiamo con fiducia e speranza al nuovo anno, alcune attitudini che sono indispensabili all’edificazione di comunità religiose o civili che siano caratterizzate da inclusione, solidarietà, condivisione e comunione. Si tratta, nello specifico, di tre attitudini: l’ascolto, il dialogo e il discernimento.


Impegniamoci allora a far sì che il 2022 possa essere un anno colmo di quella luce, di quella pace, di quella gioia e di quell’amore che scaturiscono dal cuore stesso di Dio e che sono un segno del suo abbraccio misericordioso. Diventiamone testimoni credibili lungo tutto il nuovo anno". Prima del Te Deum​ dom Ogliari ha presieduto i Vespri Solenni.





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