Vaccinazione eterologa e super green pass: ecco cosa c'è da sapere

Vaccinazione eterologa e super green pass: ecco cosa c'è da sapere
di autore Redazione - Pubblicato: 30-11-2021 00:00

RUBRICHE - Torna il consueto approfondimento settimanale a cura di Angelo Franchitto

Si parla di una quarta ondata di nuovi casi che stanno risalendo anche in Italia. Anche se in Italia non c’è la crescita esponenziale, come invece era accaduto lo scorso anno, in Europa i numeri sono molto alti. D’altra parte, anche le persone già vaccinate oggi si chiedono: ma quanto dura l’immunità vaccinale? Uno studio, a cura degli esperti dell’Università svedese di Umea, e pubblicato anche dal quotidiano Repubblica, oltre che sulla rivista scientifica The Lancet, analizza i dati e prova a dare una risposta in merito all’efficacia e alla durata dei vaccini.

Si tratta di una ricerca che interessa molto, anche in vista delle imminenti festività natalizie. Stando a quanto riportato dai ricercatori svedesi, nessuna protezione è misurabile dopo sette mesi di somministrazione del vaccino Pfizer-BioNTech. Mentre per il vaccino Astrazeneca sembra non ci sia più efficacia residua dopo quattro mesi. Infine, gli altri vaccini hanno dimostrato che la protezione dall’infezione è inferiore al 50% dopo quattro mesi.

Mentre la protezione contro esiti gravi è solo al 42% dopo sei mesi. In generale, la protezione diminuisce più velocemente e drasticamente negli uomini e negli anziani fragili. Questo è quanto è stato visto e studiato in questi mesi, ma ovviamente la ricerca va avanti e cerchiamo di capire meglio la validità del vaccino e come migliorarlo. Se poi vogliamo entrare meglio nei particolari dello studio svedese, possiamo dire che gli scienziati hanno spiegato che l’efficacia contro il ricovero e la morte, generalmente è stata mantenuta per nove mesi. Ovviamente stiamo parlando in generale, mentre negli uomini, negli individui fragili più anziani e negli individui con altre comorbidità, la protezione è inferiore.

Proprio alla luce di questi risultati si rafforza l’idea che la somministrazione di un’ulteriore dose di richiamo sia prioritaria dove esiste una popolazione ad alto rischio di malattie gravi e con un alto rischio di morte. In particolare, lo studio svedese rende pubblico che è provata una diminuzione dell’efficacia del vaccino contro i sintomatici colpiti dall’infezione. Questo significa che, dopo il picco nel primo mese, l’efficacia tende a scendere nel corso dei primi quattro mesi dalla vaccinazione. Sappiamo che al quarto mese la protezione è al 71% e dopo sei mesi scende al 47%. Questa è una condizione che vale sia per il vaccino Pfizer-BioNTech che per Moderna. Che ci sia una diminuzione anche evidente, soprattutto nei sintomatici. Dobbiamo quindi prendere atto che il “booster”, o richiamo, è necessario.

Ma è anche vero che oggi, in Italia, non abbiamo più AstraZeneca e Jhonson & Jhonson, per cui tanti richiami saranno vaccinazioni eterologhe. Ma, anche in questo caso, lo stesso studio svedese mostra un’altra scoperta interessante. Infatti, secondo i dati della ricerca, la vaccinazione eterologa (ad esempio: prima dose Astrazeneca, seconda dose Pfizer) sembra dia migliori risultati rispetto alla vaccinazione omologa. A questi risultati vengono fatti dei confronti. Le comparazioni risultano coerenti con i dati di uno studio del Qatar che mostra un’efficacia dell’89% dai sei mesi in poi, in una popolazione giovane. Stesse considerazioni arrivano dai dati preliminari emersi nel Regno Unito.

Anche se oggi le terze dosi guidano le somministrazioni quotidiane, sono sempre poche rispetto al numero di persone previste in base alle date delle seconde somministrazioni. Ma per gli studiosi è sensato parlare della somministrazione di una terza dose di richiamo. Specialmente se consideriamo la necessità di tutelare i soggetti più ad alto rischio. E la scelta del Parlamento sembra andare proprio in questa direzione anche con il Green Pass. Anche  se al momento il certificato di avvenuta vaccinazione ha una validità di 12 mesi, si lavora per una riduzione della validità. Certamente, i nostri governanti sono orientati a tenere il polso duro. Unico modo per tutelare la salute del nostro Paese, che ha un vantaggio rispetto a tanti altri. Ma se crescono i contagi dobbiamo correre ai ripari.

Allora, dal 6 dicembre stop al Green Pass da tampone. Ma, il tampone sarà valido solo per andare a lavoro, anche in zona bianca. Mentre l’obbligo di vaccino viene pensato per insegnanti e forze dell’ordine. Questo significa che gli italiani vaccinati e guariti dalla malattia, avranno la possibiltà accedere ai luoghi di socializzazione quali cinema, teatri, ristoranti, palestre, ecc.. Cosa significa?  La nuova legge dice che chi avrà solo il tampone fatto, sarà limitato e potrà accedere solo al posto di lavoro. In generale significa che non scatteranno più in automatico le restrizioni nelle regioni in zona gialla o arancione. Avremo maggiori libertà anche nelle fasce con rischio maggiore.

Ma, in realtà,  questa possibilità sarà limitata ai soli possessori del Super Green pass. Unica eccezione è la zona rossa. Qui le limitazioni agli spostamenti e le chiusure scattano per tutti, anche per i vaccinati. Fortunatamente non ci sono regioni in Italia che registrano dei dati che possono far pensare a un rischio zona rossa imminente. Diverso è il caso dei Comuni. Infatti, a livello territoriale, esistono già dei Comuni in zona rossa. Inoltre, la validità del Green Pass scende da un anno a nove mesi. Ugualmente, aumentano i controlli sul certificato verde. Così, alla stretta per i non vaccinati e guariti, corrisponderà un più generale irrigidimento dei controlli in generale su tutto il territorio nazionale.





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