Mary Wollstonecraft: l’antesignana del femminismo

Mary Wollstonecraft: l’antesignana del femminismo

RUBRICHE - A lei è dedicato l'appuntamento domenicale di Centrifugamente Vanessa. Aveva un’idea centrale: la convinzione che le donne dovessero ricevere un’educazione come quella riservata agli uomini, per liberarsi dalla condizione di subordinazione in cui si trovavano

di Vanessa Carnevale

Quest’oggi torno a parlare di donne e, nel farlo, mi sento alquanto legittimata poiché andrò a parlare di una femminista meravigliosa, nonché madre della mia scrittrice preferita: Mary Wollstonecraft. Pioniera dei diritti femminili, autrice di varie opere, assidua frequentatrice dei circoli letterali e madre di Fanny, avuta con il compagno Gilbert Imlay, uomo d’affari americano che l’abbandonerà e che la spingerà al tentato suicidio per ben due volte in soli due anni e di Mary, che sfortunatamente non conoscerà mai poiché morirà di setticemia subito dopo il parto.

Questa donna è considerata l’antesignana (combattente in prima linea dell’esercito romano) del femminismo, che aveva un’idea centrale: la convinzione che le donne dovessero ricevere un’educazione come quella riservata agli uomini, per liberarsi dalla condizione di subordinazione in cui si trovavano. Ecco una piccola sintesi del suo pensiero:

Nata il 2 aprile 1759 in un sobborgo di Londra, poco più che ventenne lasciò la casa paterna per guadagnarsi da vivere. Se divenne assai colta, e fu pensatrice e scrittrice, non fu attraverso la scuola ma grazie alla sua volontà e ad amicizie colte.

La sua formazione, un po’ accidentata, non fu affatto carente. I suoi scritti dimostrano padronanza della Bibbia, conoscenza dei classici, di Shakespeare e di Milton. Tuttavia, per la sua posizione sociale, le sue prospettive apparivano limitate. Nel 1787 cominciò a collaborare con la rivista «Analitical Review» e a frequentare il circolo di intellettuali dell’editore Joseph Johnson, che comprendeva William Blake, Thomas Paine, Joseph Priestley e il pittore Heinrich Füssli. A quell’anno risale il suo primo scritto: si tratta di Thoughts on the education of daughters: with reflections on female conduct, in the more important duties of life, un manuale di comportamento che dà consigli sull’educazione femminile, indirizzati in particolare all'emergente classe media.

Benché prevalgono questioni di moralità e galateo, contiene istruzioni di base per l’educazione delle bambine, fino alle cure da riservare ai neonati. L’autrice aveva osservato attentamente le allieve della sua scuola e voleva fornire le proprie idee sull’educazione delle donne che, a suo avviso, non avevano inferiori qualità di apprendimento rispetto agli uomini. Un suo celebre aforisma dice: «Chi ha reso l’uomo il giudice esclusivo, se la donna condivide con lui il dono della ragione?». La indipendenza di giudizio di Mary Wollstonecraft è assoluta: l’ammirazione per Rousseau non le impedisce di dare un giudizio severo sulla sua teoria dell’educazione, che non usa mezzi termini: «Le considerazioni di Rousseau, secondo cui le donne sono naturalmente interessate a bambole, vestiti e conversazioni, del tutto indipendentemente dall’educazione, sono talmente puerili da non meritare neppure di essere seriamente confutate».

Il sistema educativo in voga si basava su libri scritti da uomini che consideravano la donna non come semplice essere umano, ma come “femmina” subordinata, cui doveva essere inculcato il dovere di essere gentile, educata, obbediente, decorosa, bella, al fine di poter trovare un marito che la “sistemi”. Le donne venivano quindi trattate come un animale domestico e tenute in una perpetua fanciullezza.

Il ragionamento della scrittrice in merito è piuttosto semplice: poiché si ritiene la donna dotata di virtù inferiori all’uomo? Se l’educazione di entrambi avesse seguito gli stessi metodi e principii, le donne sarebbero giunte dove di norma giungevano gli uomini. Succedeva pure che una donna d’interessi e virtù elevate venisse definita con disprezzo “mascolina”; ma Wollstonecraft nota che non era affatto strano che molte donne avessero più buon senso dei loro coniugi. «Se le donne sono per natura inferiori all’uomo, le loro virtù devono essere le stesse in termini di qualità, se non di grado, altrimenti la virtù stessa diviene un concetto relativo; di conseguenza la loro condotta dovrebbe fondarsi sugli stessi principii e avere gli stessi fini». 

Mi auguro che i pensieri di questa donna, le sue idee, le sue battaglie e la sua caparbietà possano guidare tutti e tutte noi verso un futuro caratterizzato da parità e rispetto tra i sessi, perché IL SESSO DEBOLE NON ESISTE!





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