ECONOMIA - Il monito è del segretario della Fim-Cisl Fernando Uliano: «In Italia potrebbero andare persi 66.000 posti di lavoro nella filiera dell'automotive». Allerta alta anche a cassino. Si teme un'ondata di cassa integrazione, oltre dieci giorni di stop sulla linea di Giulia e Stelvio. E a fine anno l'addio a Giulietta
Il passaggio all’elettrico? Va governato, altrimenti è a rischio l’occupazione. Ne è convinto il segretario della Fim-Cisl Fernando Uliano che in vista della “rivoluzione” di Fca e del settore automotive mette in guardia: «In Italia si rischiano di perdere 66.000 posti di lavori nella filiera». Il passaggio all’elettrico riguarderà, a breve, anche lo stabilimento di Cassino. L’allerta resta dunque alta è fa il paio con l’altro sos lanciato di recente da un altro leader del sindacato nazionale, Michele De Palma della Fiom-Cgil, secondo cui «i modelli di lusso non sono sufficienti a saturare gli stabilimenti». E in effetti a Cassino si prevede un autunno all’insegna della cassa integrazione. Alcuni giorni sono stati già comunicati ieri - 1, 2 e 5 ottobre - ma secondo quanto trapela da ambienti sindacali a breve verrà annunciato un lungo stop per Giulia e Stelvio e si continuerà a lavorare solo su Giulietta per smaltire le ultime unità prima che la vettura uscirà fuori di produzione.
Poi nel 2021 il futuro sarà targato Maserati, con l’arrivo del Suv Grecale e, contemporaneamente, nascerà anche il gruppo Stellantis dopo il perfezionamento della fusione tra Fca e Psa. Per Fernando Uliano, segretario nazionale della Fim-Cisl con delega alle Politiche contrattuali e Ccnl, che segue anche il settore auto, Stellantis «è essenziale per il futuro degli stabilimenti e dell’occupazione. Fca sta completando i 5 miliardi di investimenti già previsti in Italia. Ed è chiaro che all’atto della fusione il sindacato verificherà tutti gli aspetti occupazionali». In merito però al passaggio all’elettrico Uliano mette in guardia: «l’impatto sulla manodopera diretta - gli operai che lavorano nella filiera dell’auto - nel nostro Paese corrisponderebbe ad una flessione del 41%, pari a 66 mila occupati in meno. Se si considera che in Italia nella filiera produttiva di questo settore lavorano 274 mila addetti tra diretti e indiretti (pari al 7% degli occupati nel manifatturiero), la sforbiciata non è certo leggera. E questo effetto negativo non sarebbe nemmeno compensato da uno positivo sull’indotto dell’elettrico, perch la componentistica che richiede un motore elettrico non è nemmeno paragonabile a quella impiegata per un motore a combustione». Uliano precisa: «Nessuno nega che nel medio-lungo periodo si andrà sempre più verso la direzione dell’auto elettrica: il punto è come accompagnare il settore in un cambiamento che avrà un impatto di una certa rilevanza».
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