Scuola, Valditara sotto accusa: critiche e timori per il futuro dell'istruzione pubblica

Opinioni - Le riforme del ministro, da classi differenziate a 'scuola-azienda', sollevano un'ondata di polemiche che mettono in discussione la libertà d'insegnamento e i principi democratici. Un'analisi critica delle nuove normative che sembrano minare l'autonomia scolastica e la libertà di pensiero, introducendo logiche punitive e aziendalistiche

Scuola, Valditara sotto accusa: critiche e timori per il futuro dell'istruzione pubblica
di autore Redazione - Pubblicato: 12-09-2025 13:58 - Tempo di lettura 5 minuti

di Ermisio Mazzocchi*

Le recenti riforme scolastiche promosse dal ministro Giuseppe Valditara, leghista, con un passaggio in AN, stanno suscitando un acceso dibattito non solo tra docenti e studenti, ma anche tra intellettuali, giuristi ed esponenti della società civile.

Al centro delle contestazioni vi è la percezione che queste misure, lungi dal rafforzare il sistema educativo, ne stiano progressivamente riducendo lo spazio di autonomia e libertà, principi cardine sanciti dalla Costituzione e imprescindibili per la formazione di cittadini critici e consapevoli.

In nome di una presunta efficienza gestionale, si riduce la partecipazione democratica degli organi collegiali e si marginalizza il ruolo dei docenti nella definizione del progetto educativo. Tale impostazione rischia di trasformare la scuola da comunità di crescita e confronto a semplice apparato burocratico al servizio di logiche aziendalistiche e di introdurre un sistema scolastico che si uniformi a una cultura improntata a modelli conservatori e nazionalistici.

Rivelatore di questo orientamento è tutto l’impianto riformatore il quale ha messo in luce il pericolo che corre la democrazia e il ricorso a tentativi di creare una scuola di “regime”, sul tipo “libro e moschetto”, oggi diremmo “libro e manganello”.

L’apertura del sistema della scuola pubblica alle aziende private, con l’introduzione del cosiddetto “4+2”, un modello di quattro anni di superiori adattati alle esigenze delle imprese del territorio, con esperti delle aziende a fare lezione al pari dei docenti, più due anni di formazione specialistica, rivela il tentivo di una scuola al servizio del privato e di un orientamento educativo al servizio di logiche aziendali.

In aggiunta è gravissima la proposta di offrire maggiore agency alle famiglie nella scelta dell’insegnante di sostegno (un arbitrio che produrrà centinaia di docenti scavalcati).

Allo stesso tempo, il ministro ha anche avanzato l’ipotesi di creare classi differenziate per gli studenti disabili: una scelta, a favore del primato dei normodati, che porterebbe la scuola indietro di decenni rispetto all’obiettivo di convivenza e inclusione delle “diversità” che oggi appare sempre più auspicabile.

Piuttosto le idee disciplinari di Valditara, sono perseguite quasi come “un culto della sanzione” e le misure di sospensione adottate nei confronti degli studenti che hanno occupato i propri istituti per protesta (fino a tre settimane di sospensione) e l’insistenza sul rilievo del voto in condotta con conseguente bocciatura, d’altronde, sembrano voler far prevalere una linea sempre più punitiva rispetto a quella persuasiva ed educativa.

Non a caso in uno dei suoi primi discorsi egli insisteva proprio sul valore dell’umiliazione dal punto di vista educativo nella correzione dei comportamenti scorretti. “Evviva l’umiliazione, che è un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità”, aveva detto. “Da lì nasce la maturazione. Da lì nasce la responsabilizzazione”. L’introduzione di norme punitive si rivelano fallimentari e la retorica del rigore si traduce in pratiche didattiche trasmissive, autoritarie, nozionistiche e trasforma gli insegnanti in sorveglianti e gli studenti in colpevoli e materia da sottomettere.

Inoltre le operazioni del ministro sono superficiali e strumentali. La scuola non è un centro di punizione minorile. È al contrario il centro di una comunità di apprendimento indirizzato a insegnare a gestire i conflitti, a discutere, a utilizzare metodi alternativi alla violenza.

Così Valditara rivela il suo scarso grado di cultura scolastica quando abolisce la geostoria e ritiene la storia “una grande narrazione senza sovrastrutture ideologiche” – il che non ha alcun significato – e perché dà priorità alla storia dell’Italia, dell’Europa, dell’Occidente, tralasciando la conoscenza di diverse realtà, con noi interconnesse, che abbraccia sei continenti e circa otto miliardi di persone.

Invita a studiare la Bibbia per “comprendere la cultura occidentale e le sue espressioni artistiche e letterarie” escludendo altri antichi testi, testimonianze di storie ricche di cultura e arte, le quali hanno influenzato la nostra civiltà e dato un grande contributo al progresso. Ignoranza oppure, cosa più credibile, discriminazione verso altre culture?

I suoi orizzonti sono alquanto limitati, i metodi intimidatori se arrivano a censurare il manuale di storia: “Trame del tempo” in uso nelle scuole superiori, in cui si fa riferimento a FdI come a un partito che continua ad avere una stretta collaborazione con la sua base fascista.

È evidente che il cosiddetto ministro si preoccupa di nascondere che i neofascisti costituiscono per FdI un consistente serbatoio di voti, che molti, facenti parte del suo governo e organismi di potere, rivendicano di riconoscersi in politiche praticate in AN, erede del MSI, e che egli stesso ne era un esponente e sostenitore.

Una cultura che si diffonde pericolosamente se Anna Paola Sabatini, dirigente dell’ufficio scolastico del Lazio, invia una lettera a tutti i dirigenti delle scuole della Regione affinché siano vigili che si eviti nelle lezioni agli alunni qualsiasi confronto sugli avvenimenti del mondo, in particolare sulle guerre in corso.

La solerte dirigente ordina che “le riunioni degli organi collegiali devono essere finalizzate alla trattazione di tematiche relative al buon funzionamento dell’istituzione scolastica” con la richiesta di discutere esclusivamente del “buon andamento scolastico”.

Una conferma che l’intero pianeta con i suoi drammi deve essere fuori dalla scuola. Tutti zitti e seduti. Sono questi segnali di una deriva culturale rivolta a cancellare il dettame costituzionale sulla libertà di pensiero e di espressione. Valditara, invece che minare le fondamenta del sapere, farebbe bene a interessarsi delle motivazioni che portano i giovani ad abbandonare la scuola. Significativo e allarmante è il fatto che nel 2023 431mila giovani tra i 18 e i 24 anni hanno deciso di lasciare gli studi.

Un ministro che non affronta il problema di fondo, ossia quello della retribuzione dei docenti, i quali sono i peggio pagati d’Europa percependo 28mila euro lordi all’anno, mentre in Germania ne percepiscono 61mila, in Spagna 42mila, in Olanda 32mila e in Francia 32mila, non è all’altezza del suo compito e finisce col danneggiare la qualità professionale degli insegnanti e il valore di tutta la Scuola.

Una scuola in queste condizioni non è in grado di affrontare le sfide della globalizzazione e scivola sempre di più verso una riduzione dei suoi livelli educativi. Non si tratta dunque soltanto di una riforma amministrativa: in gioco è la stessa idea di democrazia. Una scuola che non educa al dubbio, al confronto e alla pluralità è una scuola che abdica al suo compito costituzionale. È per questo che la voce di docenti, studenti e famiglie non può essere relegata a semplice protesta di categoria: essa rappresenta, piuttosto, la difesa di un bene comune che riguarda l’intero Paese.

Né alcuna riforma può legittimamente sacrificare sull’altare dell’efficienza i principi di libertà e autonomia. La scuola non è un’azienda, ma un presidio della democrazia. Minarne l’indipendenza significa impoverire il futuro stesso della nostra comunità nazionale. La salvaguardia di una scuola democratica resta il categorico impegno di tutte quelle forze a cui sta a cuore la Costituzione.

Esse dovrebbero prestare maggiore interesse a quanto avviene nella Scuola, suscitare una più viva consapevolezza e sollecitare un’energica azione da parte dei docenti, degli studenti e dei cittadini contro i tentativi di una Destra, che vuole utilizzare la formazione scolastica per imporre una cultura nazionalista e corporativa in spregio a quelli che sono i principi della libertà.

Il Valditara assolve perfettamente a questo compito. Per i suoi comportamenti e le sue disposizioni egli risulta essere il più nocivo tra tutti i ministri, il più deleterio per il nostro sistema democratico. Non si può rimanere inerti di fronte a tale pericolo. Occorre, reagire, prendere provvedimenti contro questa rischiosa tendenza, impegnarsi con tutte le energie nell’interesse delle future generazioni e dell’intero Paese.

*L'autore ci ha concesso il suo scritto, pubblicato sulla rivista UnoeTre.it





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