Opinioni - Si accende il dibattito sul romanzo di Antonio Scurati, la serie Tv su Mussolini fa discutere. Nicosia replica a Franchitto: "Dal mio punto di vista, il libro solleva interrogativi importanti sul modo in cui oggi affrontiamo il fascismo, la memoria collettiva e l’antifascismo"
Vorrei replicare all’entusiasmo verso M. Il figlio del secolo di Antonio Scurati, espresso nell’articolo del 10 gennaio su LeggoCassino. Dal mio punto di vista, il libro solleva interrogativi importanti sul modo in cui oggi affrontiamo il fascismo, la memoria collettiva e l’antifascismo.
Per farlo, mi rifaccio al pensiero di Pier Paolo Pasolini, una figura che non smette di parlare al presente, anche quando viene "dimenticata" nelle celebrazioni ufficiali, forse perché considerata scomoda dai suoi stessi compagni dell’epoca. Pasolini ci ha lasciato un monito chiaro: l’antifascismo non può ridursi a una ripetizione vuota, a una condanna formale che non ci aiuta a comprendere le radici profonde del potere e delle sue mutazioni nel presente. Con la lucidità che lo contraddistingueva, diceva che il fascismo non è solo un evento storico, ma una mentalità, un meccanismo culturale che può riproporsi sotto altre forme, anche in contesti insospettabili.
Ecco perché il continuo ritorno al fascismo come tema letterario o mediatico, senza un vero sforzo critico, rischia di diventare un’operazione sterile. Per raccontare quel periodo, non basta sommare eventi già noti, né costruire un romanzo-documentario che promette neutralità ma non offre reale profondità. Il fascismo, come Pasolini avrebbe detto, merita di essere analizzato con rigore storico, senza pregiudizi, senza scorciatoie ideologiche, e soprattutto senza trasformarlo in un prodotto commerciale.
Il fascismo è un capitolo della nostra storia, e come tale dovrebbe essere studiato con serietà, non continuamente "scomodato" per fare cassetta. Quando un’opera come quella di Scurati si propone di raccontarlo "dall’interno", è legittimo chiedersi: questa narrazione aggiunge davvero qualcosa di nuovo alla comprensione del periodo? Oppure si limita a riproporre ciò che già sappiamo, mantenendo il fascismo in un eterno presente che serve più a vendere che a capire?
Pasolini ci invitava a guardare avanti, a un antifascismo che non fosse solo memoria, ma una critica viva delle nuove forme di potere. Continuare a evocare il fascismo senza affrontarlo in modo autentico non rende onore né alla storia né alla nostra intelligenza. È ora di relegare il fascismo al posto che gli spetta: nei libri di storia, analizzato con precisione e senza pregiudizi, affinché possa essere compreso e, al tempo stesso, lasciato alle sue pagine.
La nausea che il continuo riproporre questo tipo di antifascismo mi provoca mi spinge a un invito agli odierni antifascisti: “Non sarebbe più utile spostare il focus su soluzioni politiche concrete, invece di continuare a fare della memoria storica un prodotto da consumare senza mai interrogarci sul presente e sulle sue vere sfide? La vera sfida, oggi, egregi signori, non è più raccontare ciò che è stato, ma costruire, con impegno e visione, un futuro che non sia il risultato di un’ennesima riproposizione del passato, ma una risposta ai bisogni reali della nostra società.”
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