Le alunne dell'IIS San Benedetto di Cassino in visita al carcere di Frosinone

Scuola e Università - Le studentesse dell'indirizzo Servizi Socio Sanitari presso la Casa Circondariale del capoluogo di provincia

Le alunne dell'IIS San Benedetto di Cassino in visita al carcere di Frosinone
di autore Francesca Messina - Pubblicato: 12-03-2024 15:27 - Tempo di lettura 2 minuti

Le studentesse dell’IIS San Benedetto, diretto dalla preside Maria Venuti, dell’indirizzo Servizi Socio Sanitari in visita aziendale al carcere di Frosinone. Un’esperienza che sicuramente le ragazze non dimenticheranno facilmente.

“Non c'è una sofferenza più grande della perdita della propria libertà – hanno spiegato le alunne -  e della separazione dagli affetti. La visita presso la Casa Circondariale di Frosinone, organizzata dal nostro Istituto ci ha offerto l'occasione per poter riflettere sul bene più prezioso che possediamo: la libertà personale. Le testimonianze dei detenuti dell’Istituto penitenziario e quelle degli operatori, ci hanno fatto capire che nella vita nulla possiamo dare per scontato. Si possono intraprendere percorsi sbagliati per mancanza di modelli positivi di riferimento e pagarne le conseguenze.  Il direttore del carcere ha precisato che commettere reati, inevitabilmente fa alzare muri di pregiudizi e diffidenza, ma non bisogna dimenticare che dietro ad ogni errore commesso, c'è una persona. Fondamentale la funzione svolta dagli operatori nel percorso di rieducazione. Un percorso basato sull'empatia, sulla fiducia e sul rispetto della persona e del suo particolare vissuto.

La detenzione, è vero che priva della libertà ma non impedisce di viaggiare con la fantasia grazie al corso di  scrittura creativa. Un progetto da cui è nato il libro “Letteratura d'evasione”, ossia una raccolta di testimonianze e recensioni dei detenuti sul luogo dove trascorrono le loro giornate, scandite da numerose attività. Mansioni, lavori manuali, sport, utili per rimettersi "in gioco" favorendo il futuro reinserimento sociale. Molto toccante la testimonianza di un detenuto A. L. che ha avuto il coraggio di raccontarsi nel libro, scoprendo quanto la scrittura consenta di prendere coscienza dei propri errori e di fare autocritica. Una forma d'evasione per dar voce alla propria interiorità e  far sentire liberi di immaginare e di esprimersi”.

 





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