Rischia di perdere oltre 5.000 euro, Poste Italiane condannata

Cronaca - Il risparmiatore trent'anni fa aveva acquistato un buono da 5 milioni di lire, oggi sarebbe dovuto fruttare 34.000 euro, ma gliene sono stati riconosciuti meno di 29.000. Già in passato c'era stata una condanna per buoni fruttiferi tassati più del dovuto. Ecco i dettagli

Rischia di perdere oltre 5.000 euro, Poste Italiane condannata
di autore Alberto Simone - Pubblicato: 08-03-2024 15:38 - Tempo di lettura 3 minuti

Buoni fruttiferi postali tassati più del dovuto. Ad accorgersi dell'errore è stato un risparmaitore residente ad Arpino che si è rivolto all’avvocato Dante Vezza del Foro di Cassino.

Nella sostanza dei fatti il risparmiatore, ormai 32 anni fa, nel 1992 aveva acquistato presso Poste Italiane un buono fruttifero postale della Serie Q da cinque milioni di lire che sarebbe scaduto dopo trent'anni, ovvero nel 2022.  A distanza di tre decenni, quel buono da 5 milioni di lire avrebbe dovuto fruttare ben trentaquattromila euro, mentre Poste Italiane ne ha cooisposto al risparmiatore solamente ventottomilaseicento.

Per questo motivio l'uomo di Arpino si è rivolto all'avvocato Dante Vezza del Foro di Cassino il quale adiva il Giudice di Pace di Sora al fine di ottenere il giusto pagamento della somma effettivamente maturata.


Il giudizio, svoltosi dinanzi il Giudice dott. Verrelli, vedeva l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio durante la quale emergeva l’illegittimo sistema di tassazione applicato da Poste Italiane che, nel caso di specie, aveva portato il risparmiatore a ricevere ben € 5.515,48 in meno alla cifra spettante.


Quindi il Magistrato, con sentenza depositata pochi giorni fa, ha condannato Poste Italiane a versare al risparmiatore la somma mancante maggiorata di tutte le spese di causa.


“Un’altra pronuncia in linea con l’ormai consolidato orientamento della recente giurisprudenza, che riconosce il diritto del risparmiatore ad ottenere quanto realmente dovuto, con la giusta applicazione della legge tributaria che regola questa materia”, commenta con soddisfazione l’avv. Dante Vezza che, lo ricordiamo, non è la prima volta che si occupa di casi del genere.





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