Cassino ricorda il 78° della distruzione pensando a Kiev

Cassino ricorda il 78° della distruzione pensando a Kiev

CRONACA - Presenti il Prefetto di Frosinone, S.E. Ernesto Liguori, l'Abate di Montecassino dom Donato Ogliari. Il discorso del sindaco Enzo Salera. La deposizione delle corone di alloro

di Francesca Messina

Con una solenne cerimonia è stato commemorato a Cassino il 78° Anniversario della distruzione della Città. L'evento si è tenuto dinanzi al Monumento dei Caduti. Presenti il Prefetto di Frosinone S. E. Ernesto Liguori, l'Abate di Montecassino, dom Donato Ogliari, autorità politiche, civili e religiose ed una rappresentanza delle scuole della Città. La liturgia della parola è stata officiata dal Vicario Episcopale per la Forania di Cassino, don Nello Crescenzi. Sono stati resi gli onori ai Labari delle Associazioni Combattentistiche e d'Arma, al Gonfalone della Città di Cassino decorato con M.O.V.M. , al Prefetto di Frosinone S.E. Ernesto Liguori. Dopo l'Alzabandiera, è stata deposta una corona di alloro da parte del sindaco Salera e da parte del Comandante dell'80° RAV "Roma". E' stata data lettura della Motivazione della Medaglia d'Oro conferita alla Città di Cassino.

Questo il messaggio letto dal sindaco Enzo Salera: "La celebrazione dell’anniversario, del 78° anniversario della distruzione di Cassino, la nostra “Città Martire” decorata di medaglia d’oro al valor militare, per il tragico sacrificio, il 15 marzo 1944, della sua gente e delle sue cose, assume quest’anno un particolare significato davanti all’emergenza della tragedia ucraina le cui crude e raccapriccianti immagini ci arrivano puntualmente dalla televisione, dai giornali, dai vari mezzi di informazione.

Sono immagini di morti, di feriti, di gente in fuga, di mamme con i loro bambini spaventati e piangenti, di anziani spauriti, di bombe che portano distruzione e morte. Immagini di tante vittime. Di fronte a ciò, non comprendendo la tragedia di quel popolo di combattenti, alcuni arrivano perfino a rimproverare a quel popolo martoriato la coraggiosa resistenza. “Non è forse preferibile la resa?”, sentiamo dire da molti.

A tale affermazione quel popolo dice no! Dice no, per ragioni pratiche, politiche, ideali. Se avessero subito passivamente l’invasione russa, gli Ucraìni sarebbero diventato un popolo asservito, oppresso. Se cessassero di difendersi ora, sarebbe una resa senza condizioni per ripiombare nel destino di servi contro il quale si sono ribellati.

Pur senza ignorare eventuali errori politici commessi, noi dobbiamo sforzarci di vedere in loro non soltanto delle vittime ma dei coraggiosi combattenti. Vedremmo così che gli Ucraini stanno combattendo anche per noi, non per ciò che siamo diventati maper ciò che fummo e che ancora potremmo essere. “Nelle periferie di Kiev - ha ricordato un autorevole editorialista del Corriere della Sera qualche giorno fa – nelle steppe sconfinate del Nipro, lungo le rive del Mar Nero, combattono idealmente i nostri nonni, quelle donne e quegli uomini estinti che, nella loro giovinezza, pur consapevoli della forza preponderante del nemico, presero le armi contro la violenza nazi-fascista”.

Grazie alla loro lotta e al loro coraggio - ha continuato il primo cittadino - ci hanno consegnato la democrazia e la libertà. A noi il dovere di continuare a difendere l’una e l’altra. E’ qui, in questo impegno da rinnovare continuamente, il senso vero di cerimonie celebrative come la nostra di quest’oggi.

Ricordare è un dovere, dunque. Ogni anno ci ritroviamo in questa piazza, davanti a questo monumento, a rinnovare e a celebrare il ricordo di quei tanti cittadini di allora che persero la vita sotto i bombardamenti. A ricordare l’eroico sacrificio di tanti cassinati che, con la distruzione della loro città, persero tutto ciò che avevano. Di fronte alla tragedia che si sta ripetendo ora, in questo preciso momento, in altra parte del nostro continente europeo, sembra che il ricordare non serva perché tanto poi l’uomo non impara nulla dalla Storia, dalle tragedie del passato.

Nonostante ciò – ripeto - è nostro dovere ricordare ciò che è stato, ammonire a che non abbia a ripetersi, impegnarsi nella ricerca incessante della pace. Cassino, città di pace, leva da qui, da questa piazza un invito, un accorato appello a fermare l’opera distruttrice delle armi, della guerra che da sempre è solo portatrice di morte e di miseria.

Ritornando a noi qui, ricordo che quel giorno, 15 marzo 1944, anche la nostra Cassino, ai piedi dell’abbazia che esattamente un mese prima (15 febbraio) era stata ridotta a un cumulo di macerie, fu rasa al suolo, con un bombardamento a tappeto. Dalle 8.30, per quasi sette ore, a ondate successive, quasi 500 bombardieri medi e pesanti, provenienti da basi in Nord Africa e in Sud Italia, sganciarono oltre un migliaio di tonnellate di bombe. Alcune caddero anche nei settori dei soldati alleati, provocando morti e feriti.

Fu un’azione che molti esperti, in seguito, giudicarono (come lo era stata quella per l’Abbazia) militarmente sbagliata, visto che i suoi effetti impedirono poi ai carri amati alleati di avanzare a sostegno della fanteria: le macerie sulle strade e le voragini prodotte dalle bombe, che la pioggia torrenziale trasformò presto in una miriade di profondi laghetti, costituirono infatti un’altra formidabile barriera difensiva a vantaggio dei tedeschi.

Sotto quel diluvio di bombe, nascosti nelle cantine e nei rifugi attrezzati in precedenza, essi subirono pesanti perdite e traumi terribili, ma riuscirono comunque a restare barricati tra le rovine e respinsero più volte gli attacchi della fanteria neozelandese sostenuta da un continuo fuoco di artiglieria.

Molti allora gli sfollati, i profughi, gli orfani che trovarono accoglienza e conforto nella solidarietà italica e negli aiuti internazionali, mentre faticosamente riprenderà, poi, la difficile opera di ricostruzione.

La nostra città, così come le tantissime altre del nostro grande Paese, ancor più perché memore della sua storia, non poteva certo rimanere insensibile al grido di aiuto che si è levato dall’Ucraina e giunge forte, sempre più forte, a noi. Ci siamo attivati per inviare i primi aiuti. Con i servizi sociali del Comune abbiamo allestito un centro di raccolta beni di prima necessità, ed organizzata l’accoglienza dei profughi. Senza dimenticare la condizione dei bambini e il loro bisogno, una volta qui, di frequentare la scuola. Ad oggi ne abbaiamo collocati 29 in presenza e 6 in DAD ( Didattica a distanza”.

E, a proposito dei bambini, della barbarie qual è l’uccisione di molti di loro, ci uniamo all’appello accorato di Papa Francesco: “In nome di Dio, fermatevi. Prima di ridurre le città in cimitero, pensate ai bambini cui dobbiamo invece assicurare la vita, dare loro un futuro”.

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