"Basta con le delocalizzazioni, troppi posti di lavoro a rischio"

Economia - Dopo la grande mobilitazione di venerdì scorso, questa mattina un nuovo sciopero nella filiera della componentistica non metalmeccanica con manifestazione a Roma. Presente anche una delegazione della Fiom-Cgil del territorio. Donato Gatti: "Su questi operai grava un’enorme incertezza per il futuro occupazionale e familiare"

"Basta con le delocalizzazioni, troppi posti di lavoro a rischio"
di autore Alberto Simone - Pubblicato: 25-10-2024 15:23 - Tempo di lettura 2 minuti

"Il settore funziona col nostro lavoro". Questo lo slogan che fa da cornice alla manifestazione che ha preso il via questa mattina a Roma in occasione dello sciopero nazionale di 8 ore per tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori del settore della componentistica della filiera non metalmeccanica dell'automotive. Questo sciopero, come quello del 18 ottobre, vuole denunciare con forza la situazione di difficoltà che circa 45 mila lavoratrici e lavoratori stanno vivendo a causa della profonda crisi che sta colpendo il settore.

La mobilitazione per lo sciopero nazionale indetto dalla FILCTEM CGIL, insieme alle categorie di CISL e UIL si svolge in Piazza Santi Apostoli a Roma dove è presente anche una delegazione della Fiom-Cgil del territorio con in testa il segretario provinciale Donato Gatti.

“In Italia le lavoratrici e i lavoratori della componentistica non metalmeccanica legata alla filiera industriale dell’automotive sono 45mila, ad essi vengono applicati i contratti collettivi nazionali di lavoro, ed esattamente per l’85% il CCNL Gomma plastica Industria e per il 15% i CCNL SMI, Pelli e Cuoio, Vetro, Chimica, Gomma plastica Confapi” affermano Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil in una nota unitaria in cui hanno proclamato, per il 25 ottobre, uno sciopero nazionale di 8 ore.

“È fortissima – proseguono i sindacati - la preoccupazione per la profonda crisi che sta colpendo il settore, in particolare rispetto alle aziende che lavorano prevalentemente per Stellantis. Quest’ultima sta chiedendo alla prima fascia di fornitori di delocalizzare le produzioni in Marocco e Tunisia, dopo che negli anni scorsi sono stati progressivamente spostati volumi nell’Est Europa”.

Spiega Donato Gatti: “Migliaia di lavoratrici e lavoratori convivono oggi con un basso reddito, a causa dei licenziamenti e di un utilizzo massiccio di ammortizzatori sociali, in molti casi in esaurimento. Su di loro grava un’enorme incertezza per il futuro occupazionale e familiare".





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