Opinioni - All'indomani del Consiglio comunale di Cassino il prof. Mario Costa propone di rivedere il metodo delle interrogazioni con l'introduzione del question time, come in Parlamento: "L’andamento dell'assise di ieri sera ha posto con forza anche un altro problema, davvero grosso: la tutela dell’immagine del Consiglio stesso e di chi ne fa parte"
Il consiglio comunale di ieri sera, il quarto dall’insediamento, nel giugno scorso, della seconda amministrazione di Enzo Salera, tra vari problemi ne ha posto uno non più rinviabile. Anzi prima lo si affronta, meglio è. La presidente d’aula, Barbara Di Rollo, persona cui non difettano equilibrio né intelligenza né buon senso, anche alla “luce” (ci si passi il termine, improprio in tal caso) dell’esperienza di quest’ultimo consiglio, se ne sarà resa conto.
Senza indugiare più di tanto, siam certi che si prodigherà per introdurre nel regolamento uno strumento a garanzia dello snellimento dei lavori dell’assemblea cittadina; e, ancor più, a garanzia della migliore produttività dell’organismo stesso. Ci riferiamo al cosiddetto “Question Time”, vale a dire l’istituzione di una seduta speciale dedicata esclusivamente alle interrogazioni e alle interpellanze a risposta immediata. Sul modello, insomma, di quello della Camera e del Senato. Prerogativa peraltro non del solo Parlamento nazionale, ma cosa contemplata nei regolamenti di moltissimi altri Comuni italiani. Per non andare molto lontani, c’è anche in quello di Frosinone.
Alle sedute del “Question Time” partecipano il sindaco e gli assessori chiamati in causa, la Presidente del Consiglio che ne è responsabile e garante, il segretario comunale o un funzionario. Per la regolarità delle sedute non è previsto il numero legale, ma è però necessaria la presenza degli interroganti o interpellanti (o loro delegati) con il vincolo di attenersi strettamente agli argomenti posti. Naturalmente le sedute sono pubbliche e saranno videoregistrate.
Fermo restando la validità (e l’irrinunciabilità) delle interrogazioni o interpellanze, è un modo questo per far sì che il consiglio comunale venga messo in condizione di occuparsi, con serenità d’animo e neppure in condizioni di stanchezza, di problemi e di questioni su cui deliberare. Non quindi convocato per ascoltare interroganti e interrogati per la interminabile durata (fino ad un’ora e mezza) prima di potersi occupare della concretezza degli argomenti all’ordine del giorno. Ancor più quando interrogazioni ed interpellanze il più delle volte si caratterizzano per la loro strumentalità e lo scopo principale è di sollevare polemiche. Quando non di peggio.
L’andamento del Consiglio comunale di ieri sera ha posto con forza anche un altro problema, davvero grosso: la tutela dell’immagine del Consiglio stesso e di chi ne fa parte. Qualche giovane amico, bravo operatore dell’informazione, nel suo commento alla seduta di ieri ha richiamato l’accostamento all’ “osteria” del passato (invero quando noi a suo tempo ne parlammo usammo il termine gergale, assai meno raffinato, ma forse più efficace, di “cantina”, vecchio ritrovo degli ubriaconi). Vorremmo mettere tutti sull’avviso che il passaggio dall’ “osteria” al “circo equestre” è breve. E’ stato perciò con un certo sollievo sentire Sebastianelli dire, in un momento non turbolento della seduta di ieri: “Siamo a disposizione per collaborare, per fare il bene della città”.
Speriamo bene. Intanto, per stare tranquilli, è bene ragionare circa l’utilità di introdurre nel regolamento ciò di cui dianzi discorso.
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