Non solo il Covid, i giovani sono spaventati dall'assenza di lavoro

Non solo il Covid, i giovani sono spaventati dall'assenza di lavoro

RUBRICHE - Ragazze e ragazzi che ormai tendono all’auto isolamento: semplicemente sono preoccupati per un futuro che non riescono a immaginare. Ansie generate dalla costante sensazione di non raggiungere nessun obiettivo. L'approfondimento di Angelo Franchitto

di Angelo Franchitto

I giovani vivono l’ansia per il futuro. Le preoccupazioni che gli affliggono non sono legate solo agli effetti del Covid, ma  esiste una preoccupante incertezza legata all’impossibilità di fare progetti per il futuro. Per esempio, una questione su tutte è la ricerca di un lavoro. Ma anche tutta la questione del cambiamento climatico globale e la necessità di nuove forme di energia ecosostenibile che sta interessando il nostro Paese. Inoltre, siamo sempre più obbligati ormai a vivere a distanza, sotto l’effetto della Dad. Ma anche, se pensiamo al fatto che viviamo oggi in un mondo in cui la tecnologia fa sempre più da babysitter.

Soprattutto i ragazzi, gli under 18, che sono le prime vittime di questo cambiamento sociale, ma anche valoriale. Proprio le nuovissime generazioni stanno manifestando la loro angoscia. Siamo sempre più di fronte a giovani chiusi dentro le loro case. Ragazze e ragazzi che ormai tendono all’auto isolamento. Semplicemente sono preoccupati per un futuro che non riescono a immaginare. Il perché i nostri giovani vivono una costante ansia per il futuro è legato alla crisi sanitaria. Una condizione causata dalla pandemia, ma che in effetti non ha fatto altro che peggiorare una situazione già presente. Sicuramente possiamo parlare di un disagio psicologico, spesso ignorato o peggio ancora ridimensionato, sottovalutato. Ma è qualcosa che sta diventando un problema esistenziale. In primo piano c’è la questione del rapporto intergenerazionale.

Gli adolescenti desiderano fortemente essere ascoltati. Questo è un passo importante, è responsabilità degli adulti ascoltare i propri figli, studenti, giovani che non chiedono aiuti o scorciatoie. Semplicemente, i giovani vogliono ricevere dalla società un certo grado di sicurezza, stabilità e un futuro più certo. Per come oggi stanno le cose, tutto questo non è fattibile. Siamo di fronte a una esasperazione dovuta anche dall’impatto dell’epidemia da Covid che tocca sull’economia e sull’ambiente.

Così i ragazzi vedono la loro strada sempre più bloccata. Dunque, l’ansia per il futuro nasce da tutta una serie di cause concatenate, che generano complessità. Da una parte parliamo di competizione professionale. Dall’altra, abbiamo l’insicurezza e l’insoddisfazione lavorativa. C’è il timore che la crisi ambientale e l’angoscia di non poter immaginare il proprio futuro possa essere un problema sul welfare del paese, ma anche sul benessere dei giovani.

Tante sono le paure e preoccupazioni che affliggono adolescenti e ragazzi nell’epoca post Covid. Si va dal timore di non trovare un lavoro alla paura di aprire un’attività in proprio e fallire. Ansie generate dalla costante sensazione di non raggiungere nessun obiettivo. Per dirla all’inglese, parliamo di Quarter-life crisis. Cioè una fase di smarrimento e senso d’impotenza che colpisce i giovani intorno ai 25 anni. Come riconoscere questa crisi? Solitamente si presenta come ansia da prestazione, senso di soffocamento e, nei casi più gravi, depressione.

A parlarne è Meredith Goldstein, editorialista per il The Boston Globe. Secondo la giornalista parliamo di una crisi che si manifesta dopo i vent’anni, dopo cioè che si è terminata la scuola e si entra nel mondo reale. Possiamo paragonare la crisi del quarto di vita alla crisi di mezz’età e altri periodi di difficoltà di crescita personale individuati prima dei 50 anni.

Certamente, le cause della crisi sono spesso causate dallo studio e dall’ottenimento della licenza di Scuola superiore. Dopo tanti anni di scuola, in cui viviamo in una bolla sociale, il diploma provoca molta incertezza e paura di fare scelte sbagliate. Un esempio è la scelta dell’università. Ma, la crisi del quarto di secolo, appare in aumento nelle generazioni che affrontano questo inizio di XXI Secolo, almeno nel mondo occidentale. Parliamo dei cosiddetti millennials. Giovani che vengono anche definiti Generazione boomerang o Generazione Peter Pan.

Si registra, per queste generazioni, un ritardo nell’elaborazione di alcuni riti di passaggio verso l’età adulta rispetto a quelle precedenti. Diversi sono i fattori contribuiscono a questa tendenza. Uno su tutti, la difficoltà a trovare una collocazione nel mondo del lavoro. Ma c’è anche una maggiore fluidità delle relazioni interpersonali, e il fatto che le regole sociali e i valori diventano sempre più sfumati.

A questi aspetti si aggiunge anche la situazione di disagio che la pandemia ha generato negli ultimi due anni. Infatti, oggi registriamo un crescente stato di depressione e di disturbi del comportamento tra i più giovani. Un trenta per cento di adolescenti italiani, oggi dichiara di aver paura del futuro. Infatti, i giovani percepiscono intorno a loro troppe incertezze, non sanno come andranno le cose, e vivono giorno per giorno. Allo stesso tempo si sentono disorientati, sfiduciati dal loro percorso scolastico e da quello universitario. Inoltre, vivono una profonda ansia e hanno un costante timore di sbagliare.

Per esempio, tra le opportunità di promozione del lavoro c’è Garanzia Giovani. Si parla nello specifico di progetti per la realizzazione di interventi formativi su scala nazionale, nell’ambito di attività di accompagnamento all’avvio di impresa. Nello specifico, a livello nazionale, regionale e locale, la proposta è volta a realizzare una serie di percorsi che puntano all’accompagnamento dei giovani all’autoimpiego e all’autoimprenditorialità. Un esempio è il progetto “Yes I Start Up”. Si tratta di un progetto finalizzato a formare i Neet (giovani under 29 che non studiano, e non lavorano). Per partecipare al progetto bisogna essere registrati al Programma Garanzia Giovani. Inoltre, il progetto si realizza in collaborazione con enti, associazioni, strutture formative ed organismi che possono essere pubblici o privati. Ma sempre rappresentativi di realtà datoriali, sindacali ed ordini professionali, e che sono in grado di contribuire al coinvolgimento dei giovanissimi nell’azione formativa.

Il progetto è attuato su tutto il territorio nazionale. quello che emerge è che sono 586, 208 le domande di giovani ammesse al finanziamento e 135 le imprese finanziate. Ma risulta che questi interventi hanno prodotto nuova occupazione solo nel 36,1% dei casi. la creazione di lavoro è del 10,8% da parte di imprese che hanno assunto nuovi dipendenti. sicuramente un dato molto basso. Infine, è comunque difficile far decollare un discorso di selfiemployment. Purtroppo, il progetto continua a dimostrare come sia effettivamente difficile coinvolgere i neet, sia per la natura del target, sia per la debolezza dei centri per l’impiego.





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