Le opere d’arte: un silenzio colmo di parole

RUBRICHE - In viaggio con Vanessa Carnevale alla scoperta di un capolavoro di Villa Borghese

di Vanessa Carnevale

Sono affascinata dall’arte, che sia una pennellata di colori su una tela bianca  o l’opera architettonica più stravagante della terra, purchè mi comunichi qualcosa. Ebbene, ho sempre pensato che “artistico” fosse qualcosa di più che una semplice esposizione ad una mostra/ad un museo, più dell’esuberanza di certe creazioni umane, più dell’ego di tanti pittori, progettisti o commercianti pieni di sé e convinti della perfezione del loro operato.

Artistico significa puro, etereo, onirico, passionale, emozionante… qualcosa che sappia comunicare senza proferire parola alcuna. Negli ultimi tempi, soprattutto dopo essermi trasferita nella Capitale, ho avuto la possibilità di girare parecchi musei e visitare numerose mostre e, parlando appunto di arte, una delle ultime opere che ho avuto la fortuna di ammirare è stata “Il ratto di Proserpina” (del Bernini), a Villa Borghese:

-”Alla base della scultura c’è un mito di origine greca narrato da Ovidio nelle Metamorfosi: la giovane e bellissima Proserpina coglie fiori in un prato. Plutone se ne invaghisce e decide di rapirla. Cerere (la madre) abbandona i campi per cercarla, causando una terribile carestia. Quando Giove interviene per salvarla, la fanciulla ha già mangiato i chicchi del melograno, cibo degli inferi: grazie al favore degli Dei potrà tornare a vedere il sole e rendere la terra feconda, ma dovrà trascorrere i mesi invernali nell’Ade con quello che ormai è il suo sposo.

Della favola pagana Bernini ritaglia il brano culminante e offre allo spettatore il massimo del pathos in una scena dall’impatto teatrale: Plutone sorprende la dea alle spalle, lei si divincola facendo appello a tutte le energie, mentre invoca la madre in un grido disperato. Brama, terrore, forza, erotismo, estasi, vergogna si esprimono nei volti ma soprattutto nei corpi contorti in un vortice che non lascia nulla al caso.

-Il Dio degli inferi ghermisce la primavera e la fa sua, nelle tenebre del sottosuolo. La terra diverrà arida, fredda, inospitale, per rinascere al ritorno di Kore, “la fanciulla” dalle vesti colme di fiori. Così gli antichi spiegavano il ciclo delle stagioni e, forse, l’alternanza di gioie e tristezze nelle vite degli uomini. In molti hanno provato a trasferire su tela o sulla pietra la potenza di un mito che così efficacemente ci parla di vita e di morte. Nessuno come Gian Lorenzo Bernini, che a soli 23 anni ne fece un capolavoro del Barocco. A quattro secoli dalla sua creazione, il Ratto di Proserpina è un grido scolpito nel candore del marmo di Carrara che si fa carne tenera, muscoli e nervi tesi, pelle di seta, terrore e sensualità. 

-Grazie alla sua capacità di trattare il marmo, Bernini riesce a infondere nella materia una pienezza che la rende quasi viva. Nel Ratto di Proserpina ogni superficie è capace di raccontare una parte della storia. Se la lavorazione a scalpello avvicina le chiome e la barba di Plutone alla criniera di un leone, i muscoli possenti, ben piantati sul terreno, decretano inesorabilmente il destino della giovane dea. Ma è soprattutto la delicatezza delle carni di Proserpina a catturare lo sguardo. La mano del dio degli Inferi affondata nella sua coscia sinistra è uno dei dettagli più celebrati e conturbanti della storia dell’arte: con pressione vigorosa esalta la fragile morbidezza e la sensualità della bellezza violata.”

  • Dicono che l’amore è rapimento, ed indubbiamente è così. Ma anche l’arte lo è… dunque lasciamo che pervada tutti i nostri sensi, respiriamola, ascoltiamola, lasciamoci rapire da lei senza porre resistenza alcuna.





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