Se in politica torna di moda il "ringraziamento"

Se in politica torna di moda il "ringraziamento"
di autore Mario Costa - Pubblicato: 12-08-2021 00:00

OPINIONI - I finanziamenti intercettati e i comunicati. L'analisi del professor Mario Costa

<strong>Mario Costa</strong>
Mario Costa

Già vicesindaco di Cassino

C’è una cosa di difficile digeribilità, peraltro in progressiva crescita negli ultimi tempi. Una cosa che prima si corregge, meglio è. Ove ciò avvenisse, ne beneficerebbero anzitutto gli stessi inconsapevoli rappresentanti del popolo della cui fastidiosa cosa, invece, la maggior parte di essi, par di capire, si senta ingenuamente gratificata. E ne beneficerebbe, naturalmente, il buon costume attinente al doveroso rispetto della capacità di giudizio critico dei cittadini stessi.

La cosa (continuiamo a chiamarla così), che illusoriamente si pensava archiviata, ci riporta ai tempi lontani dei “forchettoni” di democristiana memoria. Riguarda i “ringraziamenti” (rigorosamente personalizzati, si tenga ben presente) per il finanziamento di un’opera. Sia essa una strada, un ponticello, una struttura pubblica da rimettere su o foss’anche una sagra paesana. Puntuale pare debba scattare l’ormai obbligato “grazie” da parte dell’ossequioso subordinato periferico, fedele al “santo protettore” di riferimento. Quasi come “per grazia ricevuta “.

Si tratta qui di un ritorno – consapevole o inconsapevole, ci sfugge - ai tempi assai poco gloriosi di “Antonio la Trippa”, un onorevole in pectore, magistralmente interpretato dal grande Totò in un divertente film, una parte del quale ambientata nella nostra cara cittadina di Roccasecca.

“Grazie all’interessamento dell’onorevole… (il nome e il cognome, per la maggiore visibilità, vergato in grassetto e a caratteri grandi - n.d.r.-) è stato accordato un finanziamento alla nostra città”, si leggeva sui manifesti. Strumento diretto, allora, per informare i cittadini in assenza dei social di là da venire. Il “nobile” fine era che i cittadini elettori quel “riguardo” lo tenessero a mente poi nella cabina elettorale. Seguiva, puntuale, con pari manifesto, l’ossequioso ringraziamento all’onorevole, magnanimo assai con i soldi pubblici, ovviamente.

Sembrava appunto, questa, cosa archiviata. L’elevamento della scuola dell’obbligo, la scolarizzazione diffusa, la progressiva crescita civica avevano dato una buona mano nel liberarci da tale (s)costumanza.

Erano altri tempi si direbbe. Ma, meno male, sembravano archiviati, appunto. A gente con più elevata scolarizzazione quel messaggio cominciava ad arrivare stonato. Chi ai piani alti doveva capirlo, l’aveva capito da quel dì ed aveva opportunamente accantonato quel tipo di sfacciata rivendicazione.

Quel finanziamento che arrivava non per qualificata capacità selettiva dell’Esecutivo alto; non per la bravura di una amministrazione di intercettare con un progetto valido i fondi di un bando rivolto agli Enti locali; non perché di eccelsa qualità o di stringente priorità, il progetto, rispetto a quello di altri, ma arrivava (quel finanziamento) solo “grazie all’interessamento di …”, non poteva più funzionare. Sì, perché, tranne pochi immancabili fessi, a nessuno sfuggiva più che l’eletto ad un’alta carica pubblica (un deputato o senatore nazionale, un assessore o consigliere regionale), onorevole carica per la quale era (ed è) anche ben ristorato, dovrebbe agire nell’interesse collettivo, con visione generale, battendosi per il finanziamento di un’opera se questa abbisogna di esser fatta prima di altre, se merita più di altre. Se ci si lascia invece guidare da altri criteri, se si privilegia il campanile, il bacino elettorale o il vassallo, allora vuol dire che le cose non vanno come dovrebbero andare; che il “peculum”, vale a dire il denaro pubblico, non viene ben speso. Vuol dire che siamo stati risucchiati nella sabbie mobili del clientelismo, più o meno deteriore. Cosa non gradita ai più. Ancor più se messo in opera da chi il sistema clientelare ha sempre condannato e avversato.

Eppure, piano piano, è ritornato di moda il “ringraziamento”. Un qualcosa che alimenta sospetti tale vecchio malvezzo, dapprima timidamente riaffacciato, poi prepotentemente impostosi. Si sgomita, anche tra colleghi dello stesso schieramento politico. Anzi dello stesso partito, per contenderselo, il ringraziamento, incuranti essi di dare netta l’impressione di pensare più alla fortuna elettorale propria che a quella del partito. Il poco simpatico sgomitare si è accentuato dopo la riduzione dei posti nel Parlamento. Il perché si capisce. Vorremmo sbagliarci, ma temiamo vada sempre peggio.

Intendiamoci: Non che non debbano far conoscere le cose per le quali diligentemente si battono, nascondere i propri meriti. Ma non bisogna oltrepassare la misura, saper mantenere quella giusta. L’eccessiva rivendicazione di meriti personali è cosa sbagliata, da correggere. Ancor più se accompagnata dall’assai personale gradito (e preteso): “Grazie all’interessamento di…”.

Post scriptum: il sottoscritto autore di questa noticina confessa di non essere rimasto del tutto immune, nella stesura di qualche comunicato, dal subdolo virus della eccessiva “laudazio”. Un peccato del quale chiede perdono per il danno arrecato agli inconsapevoli destinatari e si propone di non commetterlo più in futuro. Per il loro interesse, ma ancor più per il partito politico di appartenenza degli stessi.





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