L'antica pisside torna nella Chiesa di Alvito

L'antica pisside torna nella Chiesa di Alvito
di autore Redazione - Pubblicato: 29-06-2021 00:00

CRONACA - Era stata trafugata oltre 10 anni fa. I carabinieri della locale Stazione, guidati dal comandante Vincenzo Pagliaroli, l'hanno riconsegnata al Parroco don Francesco Del Bove

I carabinieri della Stazione di Alvito, guidati dal comandante Vincenzo Pagliaroli, hanno riconsegnato al Parroco della frazione Castello di Alvito, don Francesco Del Bove, un'antica pisside che era stata trafugata nel lontano 26 ottobre 2010 dalla Chiesa dello stesso borgo medievale intitolata a Santa Maria Assunta.

In quell'occasione oltre al prezioso manufatto in argento i ladri portarono via anche un ostensorio, un bambinello ed altri oggetti sacri. Il parroco ha voluto ringraziare i carabinieri per il lavoro fatto, non nascondendo l'emozione e la soddisfazione per il ritrovamento dell'oggetto sacro ormai creduto perduto per sempre.


Il prezioso manufatto è stato recuperato, assieme a tantissimi altri oggetti artistici, al termine di una complessa attività investigativa condotta dal Nucleo Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale di Napoli, sotto il coordinamento dalla Procura della Repubblica partenopea. Le attività d'indagine hanno consentito di individuare e denunciare ventinove persone, tutte ritenute facenti parte di un’organizzazione criminale con base logistica in Campania, che ricettavano beni ed oggetti preziosi rubati da luoghi di culto e istituti religiosi sull’intero territorio nazionale.

Subito dopo il furto ad Alvito le indagini avviate dai militari della locale stazione al comando del Luogotenente Pagliaroli avevano imboccato da subito la strada 'napoletana' per confluire poi negli accertamenti avviati per tutta una serie di altri reati simili dai Carabinieri del Nucleo TPC del maggiore Giampaolo Brasili.


I carabinieri ritengono così di aver accertato che la banda criminale era attiva già da molti anni nel settore dell’antiquariato e dei beni ecclesiastici grazie alle specifiche conoscenze dei ricettatori che, appassionati d’arte o, in alcuni casi, ex titolari di negozi d'arte, costituivano il tramite per la commercializzazione degli oggetti proventi di furto.

Le indagini hanno svelato un iter ormai consolidato: alcuni componendi del sodalizio avevano il compito di effettuare sopralluoghi per individuare luoghi di culto vulnerabili, altri si occupavano del reperimento dei beni per individuare i canali illeciti di vendita, ad altri ancora spettava la collocazione dei pezzi rubati, dai mercati rionali per gli oggetti di minore rilevanza a trattative private nel caso di opere di notevole valore commerciale.


Di fondamentale importanza, per l’individuazione dei beni, è risultata la comparazione delle immagini degli oggetti sequestrati con quelle contenute nella “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti”, il più grande database di opere d’arte rubate al mondo, gestito dal Comando TPC e che ha permesso di ricondurre i beni ai furti avvenuti negli anni attorno al 2010. Nel complesso sono stati recuperati numerosi oggetti e quadri provento di 55 furti compiuti sull’intero territorio nazionale, da Bolzano a Catania, in chiese e abitazioni private. Tra i più rilevanti, l’intero tesoro di San Donato, asportato dalla Chiesa di Santa Maria degli Angeli di Acerno (SA), e due busti in legno raffiguranti “San Paolo” e “San Pietro”, rubati dalla Chiesa di San Carlo a Cave (RM). Questi ultimi, proprio alla vigilia della ricorrenza della festività dei Santi Pietro e Paolo (29 giugno) sono stati restituiti ieri in una cerimonia pubblica a Cave.





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