“Quattro passi in Ciociaria” – Sulle tracce dei templari al Terminillo

“Quattro passi in Ciociaria” – Sulle tracce dei templari al Terminillo

RUBRICHE - Giulia Zaccardelli ci porta nel complesso appenninico dei Reatini, in provincia di Rieti, nella foresta che ha ospitato i cinque cavalieri templari

<strong>Giulia Zaccardelli</strong>
Giulia Zaccardelli

La natura come fonte inesauribile di conoscenza. Che è piacere. Che è conoscenza.

Al di fuori dai confini del Pnalm e della Ciociaria ci sono paesaggi e storie che meritano attenzione. Come quella dei cavalieri templari che hanno attraversato il monte Terminillo, nel complesso appenninico dei Reatini, in provincia di Rieti. C’è da guidare, e poi da sudare per arrivare in cima, e anche la discesa richiede concentrazione. Ma già che ci siamo, abbandoniamoci alla fatica e al fascino ancestrale di questa terra pronta a sorprenderci.

Non si sale subito, ma ci sono dei passi di avvicinamento, e a me piace sempre pensare che siano un modo per prepararci a qualcosa di un po’ più grande, per abituare la mente ad ospitare pensieri nuovi, per disporci ad acuire i sensi, lasciandoci meravigliare da qualcosa di nuovo. Un modo per imbatterci, più sofficemente, in un’impresa che richiede presenza.

Ci addentriamo nella foresta che ha ospitato i cinque cavalieri templari, e la loro storia coincide con i nostri passi: uomini, monaci e soldati, guidati dal Maresciallo del Tempio Guy de la Roche. L’ordine templare è ormai così potente, che Filippo IV detto il Bello, re di Francia, lo considera ingombrante, minaccioso. Venerdì 13 ottobre 1307 emana un ordine di arresto nei confronti di tutti i membri dell’ordine, che lo stesso papato, cui hanno giurato fedeltà, nella persona di Clemente V, scioglie, temendo uno scisma con la Francia.

La salita è ripida sin da subito, ma la montagna non ci inganna sull’impegno necessario per affrontarla. E i nostri passi, il nostro sudore, sanno di leggenda. La terra che percorriamo è impregnata della fede dei cinque uomini, che qui hanno trovato rifugio, e anche se ormai non c’è più niente a testimoniare la fermezza di questi templari in fuga, l’aria stessa che respiriamo ha il profondo sapore della salvezza. Che la montagna ha offerto a questi uomini; che la natura, continuamente, ci regala, accogliendoci.

I cinque scappano a Rieti, dove c’è il confine tra lo stato della Chiesa e il regno di Napoli, e poi fuggono sul Terminillo. Qui, il 21 dicembre, Guy de la Roche invoca la giustizia divina e pianta la sua spada nella roccia, nell’atto di sciogliere i templari dal giuramento. Prendono tutti strade diverse: grazie al testamento di de la Roche, diventato Fra Bernardo, oggi conosciamo questa storia; degli altri quattro, uno ha contribuito alla fondazione di Cittaducale, e gli altri tre hanno trovato asilo a Borgo Velino, Micigliano e Castel Sant’Angelo.

Sono tanti i motivi per cui oggi saliamo verso il Terminillo: per sport, per svago, per distrarci dalla quotidianità, perché vogliamo provare qualcosa di nuovo.

E tu, che ora stai leggendo, perché vai in montagna?

Grazie a questa montagna, in passato, cinque persone si sono salvate dalle torture, dalla morte, e hanno iniziato una nuova vita. Emozioni forti, che si imprimono nella terra calpestata. Siamo in un tempio in cui possiamo ritrovare noi stessi in queste suggestioni in cui ci avvolge. Un tempio in cui crescere, e in cui rifletterci nelle emozioni di chi è stato qui, uomo prima di noi.





Articoli Correlati