La rivoluzione dell’idrogeno e la nuova sfida del territorio frusinate

La rivoluzione dell’idrogeno e la nuova sfida del territorio frusinate
di autore Redazione - Pubblicato: 05-04-2021 00:00

ECONOMIA - Ecco il progetto SinBio dell'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale

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La transizione energetica impone un deciso cambio di marcia sia nell’ambito della ricerca scientifica che negli investimenti delle imprese del settore energetico. Uno degli aspetti più sfidanti è certamente la conversione delle reti di trasporto e distribuzione del gas naturale in reti energeticamante sostenibili.

Nel 2020 è stata definita la strategia Europea per la transizione energetica per la decarbonizzazione considerando prioritaria la produzione e distribuzione su larga scala di idrogeno.

Nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima l’Idrogeno ha ancora un ruolo interlocutorio (prevalentemente di prospettiva), ma il documento SIRI fornisce le prime indicazioni della Strategia Italiana di Ricerca sull’Idrogeno e rilancia l’uso di tale vettore riconoscendone un ruolo fondamentale nella decarbonizzazione. Grazie alla sua favorevole posizione geografica ed alla sua estesa rete di trasporto, l’Italia può infatti a pieno titolo candidarsi a diventare un vero e proprio “hub europeo” dell’idrogeno in modo da agire come come “ponte” tra l’Europa e il continente africano.

L’obiettivo a breve al 2030 vede in primis lo sviluppo di una prima dorsale italiana dell'idrogeno (sviluppata a partire da alcuni clusters industriali nel sud Italia come Sicilia e Puglia), e l'obiettivo a medio termine del 2040 prevederà un’espansione della rete verso il nord permettendo collegamenti transnazionali. Nel lungo termine al 2050 è prevista infine una percentuale di copertura dei fabbisogni energetici da idrogeno compresa tra il 18% e il 24%. La strategia Nazionale prevede che gli assi di sviluppo dell’idrogeno partano dal trasporto (su gomma a lunga distanza, sui treni e sulla navigazione), dalla miscelazione del gas nei gasdotti esistenti fino al 2% e dallo sviluppo di applicazioni industriali.

L’Università di Cassino e del Lazio Meridionale si occupa da oltre 20 anni delle tecnologie delle reti del gas naturale e dell’idrogeno, collaborando con aziende nazionali ed internazionali del calibro di SNAM, SGI, ITALGAS, TAG Austria oltre a Università e centri di Ricerca italiani ed europei.  Per poter essere veramente competitivi in una sfida così complessa è però indispensabile operare in stretta sinergia sia con le imprese del territorio che con le altre Università e Centri di ricerca della Regione Lazio.

Per questo motivo nel 2019 l’Università di Cassino ha promosso un ambizioso progetto di ricerca con altre due Università della Regione (Sapienza di Roma e Tuscia), il Parco Scientifico e Tecnologico del Lazio Meridionale e tre Aziende del settore energetico (SGI, Azzero CO2 e BioSyn) diverse per dimensioni, ma tutte caratterizzate da un’elevata propensione all’innovazione e alla ricerca di nuove soluzioni energetiche sostenibili.

Il progetto SinBio (Sistemi INtegrati di produzione e immissione in rete di BIOmetano e gas sintetici da fonti rinnovabili)  è stato finanziato dalla Regione Lazio nell’ambito dei Progetti Strategici 2019. 

L’obiettivo non dichiarato (ma implicito di una partnership così grande) è sicuramente molto ambizioso ed è quello di creare una rete di ricerca che sviluppi tecnologie ed esperienze nell’ambito della transizione energetica da gas naturale a FER, costruire  uno smart lab diffuso (aperto oltre che ai ricercatori anche agli studenti Universitari), sviluppare prototipi relativi alla filiera dell’idrogeno e alla produzione di biogas e biometano, esercitare uno stimolo continuo verso aziende del settore nello sviluppo di soluzioni innovative e la creazione di start-up.

Il progetto mira a sviluppare e sperimentare sistemi innovativi di utilizzo delle reti gas in accordo con le politiche nazionali ed internazionali di decarbonizzazione (di contenimento delle emissioni climalteranti e di riduzione della dipendenza dai combustibili fossili)  attraverso; i) lo studio delle problematiche connesse all’impatto di combustibili alternativi sulla rete di trasporto e distribuzione del gas naturale (e.g. sulle attrezzature di misura, regolazione, odorizzazione, apparecchiature utenze finali) con particolare riferimento al “blending”; ii) lo sviluppo e la sperimentazione di tecnologie innovative di produzione ed immissione in rete di tali combustibili, quali i sistemi Power to Gas (PtG), sia nel caso in cui si preveda la sola produzione di idrogeno sia nel caso in cui si preveda la produzione di gas sostitutivi attraverso (e.g. metanazione), le nuove tecnologie di gassificazione di biomasse  e le tecnologie innovative di upgrading del biogas (per la produzione di biometano). Uno degli aspetti più sfidanti della ricerca concerne lo studio delle tecnologie dell’idrogeno applicato alle reti gas.

Malgrado questa ottimistica prospettiva esistono ancora numerose problematiche tecniche ed economiche che devono essere affrontate e superate. L'idrogeno presenta proprietà fisico-chimiche molto diverse rispetto al GN quali una densità energetica circa un terzo di quella del gas naturale, miscelato al GN riduce l’indice di Wobbe e modifica la velocità di fiamma, presenta un più elevato coefficiente di diffusione e fugacità (i. 0.61 contro 0,15 cm2/s del GN) ed un campo di infiammabilità in aria molto ampio (4-75%) ed un’energia di attivazione molto più bassa.

Ciò richiede una attenta valutazione del limite superiore per la miscelazione dell'idrogeno nella rete (il componente con minore tolleranza definisce quella dell'intera rete). Inoltre l’idrogeno verde è ancora molto costoso (circa 4-6 €/kg), rispetto a quello blu (circa 1,5-2 €/kg) e solo nel lungo periodo diventerà veramente competitivo con un costo che comunque varierà considerevolmente a seconda della disponibilità delle fonti rinnovabili.

La valutazione degli impatti sulle reti è ancora certamente un elemento critico per molti aspetti quali gli stoccaggi sotterranei (a causa della presenza di zolfo e crescita batterica), i fenomeni di infragilimento, la compatibilità con apparecchiature esistenti (e.g. turbine, motori e bruciatori), l’affidabilità degli strumenti di misura e controllo.

Ad oggi esiste un notevole svantaggio competitivo rispetto ad altri paesi europei come Germania e Francia che hanno puntato anche sull’idrogeno blu oltre che sul verde. Per recuperare velocemente questo gap e consentire lo sviluppo dell’industria del settore sarebbero necessari importanti incentivi.

Inoltre per favorire la diffusione delle competenze dai centri di ricerca verso le industrie e migliorare le nuove tecnologie sarebbe altresì necessario investire ingenti fondi (pubblici e privati) in progetti pilota che aiutino la crescita di tutta la filiera industriale nazionale (dalla produzione al trasporto, dalla distribuzione allo stoccaggio dell’idrogeno).

La collaborazione tra Università di Cassino, centri di ricerca e di aziende del territorio del calibro di SGI, unita ad un’elevata sensibilità ambientale di tutti gli attori territoriali (in primis quella del Consorzio Unico), fanno ben sperare in uno sviluppo della filiera dell’idrogeno nella regione Lazio ed in particolare nella provincia di Frosinone.





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