"Quattro passi in Ciociaria" - Occhio alla Meta

"Quattro passi in Ciociaria" - Occhio alla Meta

RUBRICHE - Oggi Giulia Zaccardelli ci porta a Prati di Mezzo dove partono i sentieri per raggiungere diverse cime e oltrepassare il confine tra Lazio, Abruzzo e Molise

<strong>Giulia Zaccardelli</strong>
Giulia Zaccardelli

La natura come fonte inesauribile di conoscenza. Che è piacere. Che è conoscenza.

Per l’itinerario di oggi, l’appuntamento è a Prati di Mezzo, località Picinisco. Da qui partono i sentieri per raggiungere diverse cime, e camminando di cresta in cresta è anche possibile sfiorare, e oltrepassare, il confine tra Lazio, Abruzzo e Molise.

Oggi saliamo sul monte Meta, dove i tre confini si osservano tra di loro, dalle tre croci che indicano il versante su cui ci stiamo affacciando, o da cui raggiungiamo la cima. La natura non conosce i confini che l’uomo ha imposto sul territorio, semplicemente c’è. E noi possiamo imparare da lei l’arte di esserci, nel modo più essenziale.

Armiamoci di tanta energia, perché la salita è tutt’altro che semplice.

Con i suoi 2242 metri, è la cima più alta del complesso dei monti della Meta, appartenenti al gruppo dei Marsicani, catena montuosa che abbraccia i comuni di Picinisco, Alfedena e Pizzone.

Il sentiero N1 inizia subito in pendenza. Ci porta su una mulattiera che si addentra in un bosco di faggi; non vediamo subito la Meta. I nostri passi ci portano su una valle da cui ammiriamo tutta la vastità del paesaggio che stiamo attraversando. Le pietre sono nostre fedeli compagne di viaggio sin dall’inizio del percorso.

Armati di buona volontà, arriviamo al Vallone della Meta, e il panorama inizia a cambiare. Il verde cede il posto al grigio: siamo immersi in un paesaggio di rocce carsiche, abbastanza freddo alla vista, ma la maestosità della Meta è davanti a noi.

Prima di salire, ci fermiamo al Passo dei Monaci e, come sempre, il paesaggio che ci accompagna è reso ancora più suggestivo dalle storie che custodisce. Queste montagne, nell’Ottocento, erano utilizzate come vere e proprie scorciatoie per luoghi altrimenti difficili e faticosi da raggiungere. E proprio in questo punto tre monaci, diretti chi verso Montecassino, chi verso San Vincenzo al Volturno, trovano la morte durante una tempesta. Oggi questo tratto è riconoscibile perché ci sono montagnette di pietra, che ogni escursionista arricchisce in onore del passato. Ed è l’ultimo punto pianeggiante, prima di salire.

La pendenza non è eccessiva, ma la strada è lunga, così lunga che sembra una via per l’inferno. Finché, ad un tratto, senza preavviso, ecco la cima. E le tre croci. E il paesaggio che si offre ai nostri occhi, desideroso di attenzioni e di suscitare in noi lo stupore che, in città, raramente abbiamo l’opportunità di conoscere.

Tre croci, tre versanti, tre sentieri, e tante storie che vi si intrecciano. Nei giorni sereni, e senza foschia, riusciamo a scorgere l’Abbazia di Montecassino, e alle sue spalle, in lontananza, il mare. Ma se questo ce l’hai negli occhi e nel cuore, puoi vederlo sempre. Il panorama laziale affaccia su monti, valli e colori che si mischiano tra di loro: tra il grigio delle rocce, il verde brillante delle valli, e il celeste dei monti che si lasciano colorare dal cielo, impariamo la confidenza con le vertigini al cospetto di tanta bellezza.

Versante laziale

I versanti abruzzese e molisano sono prevalentemente grigi, brulli e montani. E le sorprese non finiscono qui. Perché non è raro essere visitati dai camosci. Che si tengono a distanza, ma che si lasciano ammirare anche loro come uno spettacolo che non si ripete.

Versante molisano

Il senso di libertà e protezione è grande. La cima è tua, ti sei battuto con impegno per lei, con il cuore ben centrato sulla meta. E conquistarla è un dono, e una promessa: riconoscere cosa non può appesantire il tuo incedere, e quali sono, invece, i pensieri e le emozioni che possono accompagnarti nella fatica, e che valorizzano la tua Meta.





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