“THE SHOW MUST GO ON” MA PRIMA LA SICUREZZA!

“THE SHOW MUST GO ON” MA PRIMA LA SICUREZZA!

SPORT - Calcio e non solo. L'angolo dello sport a cura di Alessandro Piffanelli

Alessandro Piffanelli
Alessandro Piffanelli

Il calcio è la cosa più importante delle cose meno importanti

Lo spettacolare, e per fortuna privo di conseguenze, incidente occorso a Romain Grosjean nel GP del Bahrain ha fatto tornare alla mente degli appassionati altri incidenti che hanno avuto conseguenze ben più tragiche. La vettura che prende fuoco ha riportato la mente al GP di Germania del 1976 quando il ferrarista Niki Lauda, in piena lotta per il titolo iridato, perse il controllo della monoposto per via della copiosa pioggia che stava cadendo sul circuito tedesco ed urtò una roccia che lo catapultò di nuovo i pista privo del casco con la vettura che nel frattempo aveva preso fuoco; Lauda si salvò ma l’incidente gli lasciò gravi danni fisici e il volto sfigurato a vita. L’episodio segnò profondamente il campione austriaco che, avendo visto la morte con i propri occhi, nel GP del Giappone (ultima gara del mondiale e quindi decisiva per l’assegnazione dello stesso) decide di ritirarsi e non rischiare ulteriormente, avendo visto nella pioggia torrenziale che si stava abbattendo sul circuito nipponico un pericoloso quanto nauseabondo déjà vu.

Lauda perderà quel mondiale per un punto a favore di Hunt (la storia è narrata in maniera davvero entusiasmante e coinvolgente nel capolavoro cinematografo “Rush”) ma si rifarà l’anno seguente e centrerà il tris nel 1984 co la McLaren in quanto dopo quel famigerato ritiro i rapporti con la Ferrari non erano più idilliaci, questo a rimarcare ancor di più come i piloti fossero visti come degli shoman che dovevano portare avanti lo spettacolo anche a costo della vita.

Ancor più drammatica fu la serie di incidenti che si verificò sul circuito di San Marino nel 1994, infatti durante le prove un terribile impatto contro le barriere costa la vita a Roland Ratzenberger e molti piloti, tra cui Ayrton Senna, alzarono la voce per pretendere più sicurezza in pista; il destino beffardo si compì il giorno della gara quando il compianto campione brasiliano (che correva con la bandiera dell’Austria nell’abitacolo per dedicare una ipotetica vittoria al collega scomparso il giorno prima) sbatté contro il muro ed un braccetto trafisse il casco uccidendolo. La morte di Senna sconvolse tutto il mondo della Formula 1 e si cominciò a dare maggiore attenzione alla sicurezza dei circuiti e a quella dei piloti.

Una prima svolta si ebbe nel lontano 1973 quando Jackie Stewart, scosso dalla morte del compagno di scuderia François Cevert, protestò non prendendo parte al successivo GP (aveva già vinto il mondiale due volte ed era intesta quell’anno, quindi una protesta molto forte da parte del “primo della classe”).

Stewart già nel 1966 aveva vissuto un’esperienza terribile, restando nell’abitacolo inzuppato di benzina per poi essere portato al pronto soccorso dove venne medicato a terra tra mozziconi di sigarette e sporcizia varia; in una sua biografia raccontò di essersi seduto a tavolino con la moglie e di aver fatto un elenco delle persone che avevano perso a causa degli incidenti delle gare automobilistiche ma di essersi fermati al raggiungimento del numero 50… a Stewart si devono l’inserimento delle cinture di sicurezza e del casco integrale (poi divenuti entrambi obbligatori) nonostante le proteste di piloti e scuderie, più o meno quello che accadde con l’introduzione dell’Halo (una barra curva posta a protezione della testa del pilota) molto criticato ma che di fatto ha salvato la vita al già citato Grosjean che nel messaggio mandato dall’ospedale per rassicurare sulle proprie condizioni ha ammesso di essere stato contrario all’Halo quando venne reso obbligatorio ma di ringraziarlo oggi perché altrimenti non sarebbe potuto essere li a raccontare questa terribile esperienza





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